«Ascolteranno la mia voce». IV domenica di Pasqua, Anno B

«Ascolteranno la mia voce» (Gv 10,16)

Un solo gregge…

La fraternità tra tutti gli uomini e le donne, l’unità tra i popoli, la comunione fra i credenti è il grande desiderio di Dio scoperto nello svolgersi della Storia della salvezza e ascoltato in modo esplicito nel Vangelo (1Gv 3,2). Il Signore desidera che l’umanità sia una cosa sola, “perché la comunità non è un agglomerato di singoli, ma la famiglia in cui integrarsi, il luogo dove prendersi cura gli uni degli altri, i giovani degli anziani e gli anziani dei giovani, noi di oggi di chi verrà domani. Solo ritrovando il senso di comunità, ciascuno potrà trovare in pienezza la propria dignità” (papa Francesco). Dentro a spinte talvolta contrastanti avvertiamo anche noi questa opportunità e l’inverno della pandemia da cui proveniamo – e nel quale siamo in parte ancora immersi – l’ha fatto emergere chiaramente. Avvertiamo la voglia di uscire e ci è più chiaro che questo è il tempo per essere artigiani di comunità aperte che sanno valorizzare i doni di ciascuno. È questo il tempo per riconoscere e valorizzare anche i talenti dei giovani e in particolare la moneta preziosa della loro vocazione, ossia di quel modo unico e irripetibile con cui il Signore chiama ciascuno a vivere la propria esistenza. La scelta di vita di un giovane non si fa strada da sé, a tentativi o divorando esperienze, bensì grazie alla testimonianza dei fratelli, alla cura educativa, alla proposta di itinerari di fede seri e concreti che mettano in ascolto delle necessità degli altri, che facciano vibrare di concretezza la Parola di Dio ascoltata in chiesa e meditata nel cuore. Essa non può maturare se non in un contesto comunitario, dove i piccoli particolari regalati dall’impegno di ciascuno manifestano la cura stessa di Dio per il suo popolo e lo rendono presente tra noi.

…un solo pastore…

L’unità del gregge è regalata da una voce (Gv 10,16) che lo raggiunge e lo raduna e per noi è la voce di Cristo che chiamandoci ci rende “uno”. La sua voce che ci raggiunge e ci chiama per nome (Gv 10,3), ci fa riscoprire voluti e amati da Dio, ci annuncia che siamo attesi e saperla ascoltare è quanto ci permette di camminare e di percorrere la via della vita. Forse in questo tempo siamo più attratti dall’“immunità di gregge” che non dall’unità dei credenti, da un dispensarci dalla parola del Pastore che avvertiamo intrigante e magari pericolosa e dalla presa di distanza dall’ascolto della volontà di Dio che temiamo essere contro di noi. In questo modo, però, sperimentiamo la frammentazione che ci fa smarrire. A volte selezioniamo le parole del Signore, ossia scegliamo quali custodire e quali lasciare andare, finendo col perderci per strada. L’“unità di gregge” per maturare ha necessità che, seppure presi dagli impegni quotidiani, prestiamo attenzione al Pastore e custodiamo nel cuore il suo ricordo, altrimenti la sua voce sarà coperta dal vocio e dai rumori che ci circondano o dalle nostre paure e dai nostri pregiudizi su Dio, sui fratelli e su noi stessi. Ci accompagna la dolce certezza che il Pastore non smette di chiamarci e la sua voce continua ad echeggiare: essa ci chiama ad andare tutti verso di lui, permettendoci, più ci avviciniamo, di sperimentare la vicinanza reciproca e la comunione. La voce del Signore ci chiama e ci ritroviamo accanto gli uni agli altri con i nostri doni e carismi, vite diverse che creano un contesto utile a tutti, una santità che rende presente il Signore nel mondo e così cresce in noi il desiderio di vivere ogni diversità come obbedienza a Dio mettendo la vita a servizio suo e dei fratelli.

…che da la vita

Nel vivere accanto al Pastore scopriamo che lui ama il gregge e ciascuna pecora sino a rischiare la vita (Gv 10,15). Vicini a lui ci accorgiamo della sua bellezza e della sua bontà e vediamo che sono segnate dalla croce (At 4,10-11), dalle piaghe che la risurrezione non ha tolto. Per amore egli ha offerto tutto se stesso. Come rimanere indifferenti a questo dono gratuito e generoso? Come non sentire il fascino per una vita spesa in questa maniera? È il Pastore che fa nascere nel gregge la gioia di donare la vita, di amare. È la sua testimonianza che incoraggia ad uscire come lui per amore. Ed è di questo incontro personale che abbiamo bisogno ogni giorno per rispondere alla vita, alla fede e alla nostra particolare vocazione. È di questo incontro che hanno bisogno i giovani per scoprire la gioia di donare se stessi in un particolare progetto di vita, sia esso di vita matrimoniale, consacrata, presbiterale o di impegno laicale. Accompagnarli a questo incontro personale è il compito della comunità, di quella parte del gregge che già ha sperimentato la bellezza di questa esperienza. Oggi – e non domani – siamo chiamati ad essere una comunità che sa stare con i giovani, ascoltarli, condividere con loro l’avventura della fede, il confronto sulla storia e il discernimento su come starci dentro, la libertà della preghiera per ricevere dal Signore la luce e la forza che rendono capaci di donare se stessi.

– don Silvano, Casa Sant’Andrea