Una cosa sola ti manca – XXVIII domenica del Tempo ordinario, B

“Una cosa sola ti manca” (Mc 10,21)

Il Vangelo di questa domenica ci fa assistere a una scena intensa e particolare: un uomo va da Gesù, pieno di slancio, desideroso di incontrarlo, di parlargli, di scoprire il segreto della vita. Questo incontro, però, si conclude senza un lieto fine. Quell’uomo che arriva di corsa se ne va camminando, a passo lento: non ha perso i suoi beni, le sue ricchezze, ma ha perso il suo slancio, la voglia di vivere, e se ne va triste. Come i discepoli siamo lì a guardarlo e come loro anche noi ci interroghiamo sulla vita e su noi stessi.

La scena ci dispiace, ma in parte la giustifichiamo. Non ce la sentiamo di giudicare quest’uomo che non accoglie la proposta di Gesù. Seguire il Signore significa rinunciare a una casa, una famiglia, un lavoro, un portafoglio con uno stipendio sicuro, e tutto ciò non ci sembra per niente ragionevole. In fin dei conti sono tutte cose buone e necessarie, che abbiamo anche noi e a cui non riusciremmo a rinunciare. Allo stesso tempo ci dispiace la tristezza di quell’uomo e ci dispiace che non resti con Gesù che sappiamo essere importante: Gesù è una persona stupenda, è il segreto della vita, è l’amore e lasciarlo andare è una grossa perdita.

Se entriamo più profondamente in questo episodio, tuttavia, scopriamo che c’è un equivoco, lo stesso che è presente in noi che giorno dopo giorno cerchiamo di vivere la fede. Ed è questo. Come quell’uomo abbiamo l’impressione che credere e seguire il Signore, appartenere alla Chiesa e alla Parrocchia, significhi soltanto rinunciare ad altro, a del tempo per noi, al riposo e al divertimento, ai piaceri della vita, alla nostra realizzazione. In realtà incontrare Gesù e credere in lui significa aver trovato tutto, aver fatto l’affare della vita: lui non ci toglie nulla ma ci dà tutto, ci offre la realizzazione piena della nostra persona e del mondo. Rinunciare a se stessi, alle nostre cose, ai nostri beni, ai nostri spazi di libertà, alle serate libere è un fare posto dentro di noi a lui, alla sua persona, al suo Vangelo, alla Chiesa. È vero: credere impegna a pregare, a vivere una certa morale, a frequentare la Messa ogni domenica e gli incontri parrocchiali, ma tutto ciò non è anzitutto una rinuncia, bensì l’occasione per coltivare la nostra persona, per coltivare la nostra interiorità, per incontrare il Signore e la sua comunità e tutto questo ci fa bene; è il centuplo che Cristo regala ai suoi amici, a chi lo segue come gli apostoli, ma anche agli altri, a chi è prete o consacrato o missionario, ma anche a chi è sposato o, fidanzato, o libero e vive la sua vita cercando di darle un senso.

Se è questa la verità dell’amicizia con il Signore e della fede, allora vale la pena fare quel passo che non è riuscito a compiere l’uomo del Vangelo. Siamo chiamati a lasciare tutto per seguire Gesù, a scegliere lui e il suo Vangelo: ciò significa compiere un atto di libertà, libertà da noi stessi, dalle cose, dai programmi già confezionati, dai pregiudizi e dalle paure, per fare posto alla sua Parola così com’è, una parola che è “più tagliente di ogni spada a doppio taglio”, come dice la seconda lettura. È nella parola di Dio che noi troviamo la strada per seguire il Signore, una parola che siamo chiamati ad ascoltare con cuore libero, di corsa, con l’entusiasmo dell’uomo che si inginocchia davanti al Signore, pronti ad ascoltarla e a viverla. E questa parola ci chiama ad uscire da noi stessi, a smettere di giustificarci quando ci sembra troppo esigente la vita cristiana e provare ciò che il Signore ci dice. Nel concreto dei giorni ciò significa fare bene i nostri compiti in famiglia e al lavoro, ma anche aderire alle proposte di preghiera che ci rivolge la comunità, essere fedeli alla Messa domenicale, partecipare agli incontri formativi che vengono proposti, senza trovare scuse per starcene a casa e vivere da protagonisti attivi la vita della Chiesa. Significa anche dare credito a quelle proposte che ci mettono in discussione e ci chiedono di cambiare mentalità, fiduciosi che rinunciare ai vecchi schemi può essere un modo per fare posto al Signore e al suo Vangelo..

– don Silvano, Casa Sant’Andrea