«Effatà» – XXIII domenica del TO, Anno B

Sin dal giorno del Battesimo

«Èffata… Apriti» è il “sospiro”, ovvero la parola nuova e creatrice, che il Signore Gesù ha pronunciato non solo su quel sordomuto, su ciascuno di noi nel giorno del nostro Battesimo. Infatti, mentre tocca le orecchie e la bocca del battezzando, chi presiedeva il rito del Battesimo ci ha detto: «II Signore Gesù, che fece udire i sordi e parlare i muti, ti conceda di ascoltare presto la sua parola e di professare la tua fede a lode e gloria di Dio Padre».

È un programma di vita, ricevuto nel giorno in cui Dio ci ha scelti come suoi figli. È come se il Signore avesse messo dentro di noi le “istruzioni per l’uso”. È come se ci avesse detto: “Così ti desidero, così ti auguro che tu sia, per questo ti dono la mia Grazia… perché i tuoi orecchi siano sempre aperti e la tua lingua sia sempre sciolta nel parlare correttamente”.

Splendido gesto, splendido augurio, splendido progetto di vita! Questo sono io: un uomo “toccato” dall’amore gratuito di Dio, scelto perché povero agli occhi del mondo ma ricco nella fede e nel desiderio di essere migliore e di rendere migliore la propria e l’altrui vita! Questo siamo noi: un uomo e una donna che sente ogni giorno l’imperativo: «Èffata… Apriti».

Ascolta presto la sua parola

Apriti… all’ascolto della Parola, quella Parola che ti può accompagnare e consolare ogni giorno, come rugiada di benedizione, come forza che ti sostiene quando ti senti smarrito di cuore. Noi cristiani non possiamo non sentire il bisogno di aprire ogni giorno le orecchie della giornata all’ascolto di questa Parola, facendola nostra, meditandola, pregandola, vivendola… Non ogni tanto ma ogni giorno, perché ogni giorno abbiamo bisogno di questo cibo che ci nutre nell’anima, e ogni giorno abbiamo bisogno di ascoltare una Parola grande, bella, esaltante… che ti dice: «Coraggio, non temere! Ci sono io con te».

E allora, ancora una volta: «Èffata». Apri le tue labbra troppo spesso mute, che non sanno cosa dire né cosa consigliare. Se ti sei “aperto” all’ascolto della sua Parola, come non puoi ora dirla con le tue labbra?

Che non vuol dire fare chissà che proclami o discorsi incantatori… ma “professare la tua fede”. Una fede che ti scoppia dentro, che non sai contenere né trattenere, perché è troppo forte dentro di te, perché quando hai una cosa bella dentro di te non sei capace di tenerla chiusa, nascosta. Chiami, dici, scrivi, condividi, posti, pubblichi… fai di tutto perché altri sentano la bellezza di quanto provi. Così è la fede che sei chiamato a ‘professare’ e dire con la tua lingua toccata dalla “saliva” di Dio, cioè dalla sua vita.
È quello che ogni papà e mamma è chiamato a fare con i propri figli, nipoti, amici.
È quello che ogni animatore, educatore o catechista è chiamato a fare con i propri ragazzi, affidati dalla Comunità.
È quello che è chiamato a fare ogni religioso, ogni consacrato/a, ogni presbitero.

Professa la tua fede

In modi diversi ma tutti siamo chiamati a coniugare il verbo “apriti” e farlo diventare parola, voce, messaggio che arriva a quanti sono accanto a noi, in modo tale che pieni di stupore possano dire: «È proprio vero che Dio, nel cuore delle persone, fa bene tutto: cambia la vita, la rende più bella, la fa più aperta agli altri!».

– don Patrizio Bortolini, parroco dell’Unità Pastorale di Valstagna (VI)