«Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono». IV domenica di Pasqua – anno C

«Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono»

Come pecore con il loro pastore: ecco la vita dei discepoli. Le pecore ascoltano, conoscono e seguono il pastore: così i discepoli con il Signore Gesù e così il nostro cammino. La parola del Signore ci ha coinvolti e ci siamo avvicinati a lui, scoprendo la sua attenzione, la sua amorevolezza, la sua credibilità: abbiamo cominciato a seguirlo e ogni giorno ci lasciamo ancora coinvolgere da lui in una relazione carica di fiducia e vicinanza che dona la vita piena e al tempo stesso “fa la storia” (FT 116), ossia ci rende suoi collaboratori nel far crescere l’unità e la comunione nel mondo.

Il nostro cammino è iniziato dall’ascolto e ogni giorno inizia da qui. La voce del Signore ci ha toccati e ci siamo lasciati coinvolgere in una relazione che ci ha permesso di conoscerlo e ci ha messi in cammino con lui. Ascoltare è necessario, lo sappiamo sin da bambini: ci permette di entrare in rapporto con gli altri, di capire, di creare relazioni, di portare il nostro contributo nel mondo. Così, sin dall’inizio, sappiamo insieme al popolo di Israele che è necessario ascoltare ogni giorno per rimanere discepoli del Signore: «Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze» (Dt 6, 4-5). Ciò non significa che ne siamo sempre capaci: quante volte capiamo male o mettiamo sulle labbra degli altri parole che non hanno detto e abbiamo pensato noi. Ascoltare chiede di chiudere la nostra bocca ma soprattutto di far tacere il chiacchiericcio interno e di essere sinceri con noi stessi per accogliere nel cuore, con piena disponibilità, le parole degli altri e di Dio. Ogni giorno, al risveglio, l’ascolto è accanto al nostro letto a dirci che per vivere abbiamo bisogno della parola degli altri e di Dio, della loro attenzione, del loro amore, del loro volto: noi non bastiamo a noi stessi e la vita piena viene dalle parole degli altri e di Dio che ci tolgono dall’isolamento.

Grazie all’ascolto nasce poi un rapporto, la conoscenza reciproca che diventa relazione. Così è con gli altri e con il Signore. Conoscerlo significa avere familiarità con la sua persona, dargli tempo e spazio nella nostra vita, nei nostri pensieri, nei nostri affetti e così entrare in intimità con lui, diventare una cosa sola con lui, come lui e il Padre. Conoscere il Signore significa avere familiarità con il suo stile, con le sue scelte, con le sue prese di posizione, con il suo silenzio, fino a chiamarlo per nome come lui chiama per nome ciascuno di noi. Ed è anzitutto questo a farci discepoli: saperci conosciuti da lui. «Signore, tu mi scruti e mi conosci, tu conosci quando mi siedo e quando mi alzo, intendi da lontano i miei pensieri, osservi il mio cammino e il mio riposo, ti sono note tutte le mie vie. La mia parola non è ancora sulla lingua ed ecco, Signore, già la conosci tutta. Alle spalle e di fronte mi circondi e poni su di me la tua mano» (Sal 138 1-5). Tutto di noi è visto e conosciuto dal Signore ma solo il cuore che ascolta le sue parole sperimenta questa certezza che apre alla vita.

Ed ecco che nasce il camminare con il Signore, il seguirlo ogni giorno dentro casa, al lavoro, nelle piazze, nel mondo, nella storia o nella più segreta solitudine. La fiducia nel suo amore ci permette di seguirlo, di lasciarci portare dove lui desidera e ritiene opportuno, facendoci andare anche là dove noi non avremmo voluto, percorrere strade che noi non capiamo o ci sembrano impossibili da percorrere. Il Signore ci guida passando attraverso persone, esperienze della vita, cadute ma davanti a tutto questo noi non possiamo far altro che seguirlo e continuare ad ascoltare quella Parola che ci fa vivere e camminare. Non va da sé questa disponibilità ad andare con lui. Chiede di rinunciare a se stessi per poter vivere solo di lui. Sembra un salto esageratamente difficile se non impossibile eppure sappiamo bene come il cuore non possa vivere due vite: non possiamo vivere la nostra vita e anche quella di Dio. Seguire il Signore significa dare credito a lui, lasciare che sia lui a farci vivere, smettere di guidare con orgoglio il nostro cammino, la nostra vita, per lasciare tutto nelle sue mani come i dodici e le donne del Vangelo.

In questa domenica che ci vede pregare per le vocazioni, celebriamo il Signore per la nostra comune chiamata a “fare la storia” con lui ma raccogliamo anche i verbi “ascoltare”, “conoscere” e “seguire” per non smettere di essere discepoli e comunità che si prende cura dei giovani e del loro futuro. Il Signore conosce ogni giovane e li chiama tutti a seguirlo ma come potrà avvenire l’intesa se nessuno li accompagna nell’ascolto che solo apre ai passi successivi?

– don Silvano Trincanato