“Prendete il mio giogo sopra di voi” – Quattordicesima domenica del tempo ordinario, anno A

“Prendete il mio giogo sopra di voi” (Mt 11,29).

Il giogo, usato al tempo di Gesù ma anche fino a qualche decennio fa – e comunque tuttora in qualche paese al sud del mondo – era un arnese di lavoro necessario per usufruire della forza dei bovini: fatto di legno, catene, cuoio e corde veniva appeso al collo perché i buoi potessero trainare un carro, un aratro o altro… Era uno strumento pesante ma necessario per convogliare tutte le energie dell’animale nel fare un lavoro e nell’andare verso una direzione. Ebbene, oggi Gesù parla della sua proposta di vita e del dono che Dio fa a chi lo accoglie, come di un giogo… Potrà sembrare poco accattivante questa prospettiva ma è sicuramente realista: la vita cristiana gioia per la buona notizia del Vangelo ma sarebbe ingenuo non riconoscere che la via del Signore a volte è impegnativa, pesante e scomoda, proprio come un giogo. Vivere in maniera semplice, giusta, disarmata, nella carità vera… è esigente! Eppure, una vita così fa bene e fa del bene. Come un giogo permette al bue di arare un campo, di trainare un carro… così vivere il Vangelo permette di convogliare le energie verso l’amore, di “arare” questo mondo, di prepararlo ad accogliere il seme della parola di Dio, di farlo crescere. La proposta di Gesù è come un giogo che rende fecondi, generativi! Vivere come Cristo fa crescere il suo regno!

Di gioghi da animale ce ne sono almeno di due tipi: singoli e doppi, per uno o due buoi. Mi piace pensare che il giogo di cui parla Gesù sia doppio! È vero: ci è chiesto di portare avanti la vita, gli impegni, le responsabilità, in prima persona, di vivere la fede a partire da dentro… ma altrettanto vero è che questo giogo non siamo solo noi a portarlo. Noi non siamo i soli a cercare di vivere il Vangelo: al nostro fianco ci sono altri cristiani che come me noi stanno cercando di seguire il Signore. Quanti come me si impegnano, qui e altrove per il Vangelo. Quanti come me cercano di spendersi per gli altri, per la parrocchia, per i giovani, per gli ammalati, i deboli, per la società… Non solo: quel giogo doppio mi dice che anche e soprattutto il Signore è al nostro fianco! Il giogo non è da portare da soli, ma con lui: anzi, lui lo sta già portando. Nel mio vivere, nel mio cercare, nel mio donarmi, il Signore non mi guarda da fuori, a braccia conserte, giudicante o indifferente finché sono impegnato, ma è al mio fianco, sotto lo stesso legno. Ed ecco allora la leggerezza da dove viene. Viene dal fatto che è anzitutto sulle sue spalle la durezza e la radicalità del Vangelo. Sì! Non siamo soli nel portare il peso di vivere in modo mite, giusto, disarmato. Al nostro fianco abbiamo il Risorto che già sta vivendo tutto questo e mentre cammina con noi ci fa sentire il suo riposo.

Il Signore ci propone di sostare e fermarci con lui. Ha con sé un giogo. Qual è il nome del giogo che in questo tempo ci sta chiedendo di raccogliere? In quale situazione e in che modo ci sta proponendo di seguirlo in questo periodo della nostra vita? Guardiamo quel giogo consapevoli che non è stato messo lì per farci paura, ma per offrire il nostro dono al mondo. Non temiamo di prenderlo e di accoglierlo. Portarlo rende più feconda la nostra vita, più generosa. Portarlo permette al Regno di Dio di venire nel mondo. Con questo sguardo guardiamo pieni di affetto Eros e Luca, i due giovani che in questa domenica vengono ordinati presbiteri dal Vescovo Claudio: accolgano con fiducia piena il giogo che il Signore sta chiedendo loro di portare e che è promessa di bene per quanti li incontreranno e per ciascuno di loro.

– don Silvano, Casa Sant’Andrea