“Tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze” (Mt 22,9).
Ogni relazione vive perché si è almeno in due a tenerci. Ce ne accorgiamo nella vita di tutti i giorni: a volte siamo soltanto noi a interessarci dell’altra persona oppure è soltanto l’altro a cercarci. Fa parte della relazione che ci siano periodi di stanca, di attesa da una parte o di richieste dall’altra, ma se questo diventa la normalità c’è da chiedersi se va tutto bene. Altra cosa, poi, sono quei rapporti in cui non c’è verità o addirittura sana autonomia, per cui uno si appoggia sull’altro o dipende dall’altro: allora tutto diventa stretto, impantanato nelle emozioni che frenano la vita e non permettono di amare.
Anche la relazione con il Signore vive di reciprocità, seppure con sfumature diverse da quelle tra noi. Egli è il primo, da sempre, che ci cerca, che desidera la relazione con noi: lo fa costantemente, seppure con discrezione, con rispetto e autentica fiducia; offrendosi, senza imporsi, egli ci tende la mano pronto a sentirsela rifiutare. Quando accogliamo la proposta, tuttavia, e ci permettiamo di conoscerlo e frequentarlo, allora la nostra vita cambia, giunge alla pienezza: la comunione con lui è quel dono che cerchiamo da sempre e che una volta trovato dà pienezza e senso alla vita, orienta il cammino quotidiano, ci fa collaboratori della gioia vera.
Scopriamo anche questa verità nella parola che il Signore ci dona di ascoltare in questa domenica. In essa scopriamo che Dio è colui che chiama l’umanità alle nozze del suo Figlio, che ci invita a salire sul suo monte per condividere con lui un banchetto abbondante. Scopriamo che Dio non è un austero e arcigno signore chiuso nei cieli, ma un amante della festa, della compagnia, della comunione. Il mangiare assieme, nella tradizione biblica, esprime proprio la comunione, quella che si respira nell’amicizia e in famiglia, nell’ospitalità e nella solidarietà, tanto che Gesù stesso ha scelto un banchetto per lasciarci la sua presenza, per rimanere tra noi. Il banchetto del Signore, la comunione con lui, però, non è un’imposizione: Dio non procede così. Egli invita, propone e non impone, chiama senza gridare, attira a sé senza schiacciare, invita personalmente, ma senza chiudersi solo con alcuni, nella gratuità e libertà, desideroso soltanto di vivere in comunione con noi e con tutti. Nonostante la nostra risposta venga meno, oppure sia parziale o finta, egli ama a perdere, come sorgente che sgorga continuamente: ecco la bellezza dell’amore di Dio e della sua chiamata. Dio ama e chiama, ci ama e ci chiama alla comunione con lui.
Chiediamoci quale relazione stiamo vivendo con il Signore, se stiamo ascoltando la sua parola, se stiamo prendendo in considerazione i suoi inviti. Abbiamo accolto l’invito a vivere in comunione con lui, l’abbiamo rifiutato, l’abbiamo accolto senza verità, senza indossare l’abito da festa? Mi lascio solo cercare, oppure lo cerco? Vivo la mia vita in piena autogestione e indipendenza, oppure insieme a lui, confrontandomi con lui, scegliendo i passi da compiere nella vita insieme al Signore?
Se fosse troppo difficile prendere in mano la nostra relazione con lui, cominciamo da quelle con gli altri, perché, molto probabilmente, nel rapporto che abbiamo con le persone e con Dio ci sono aspetti molto simili. Vivo relazioni di autentica reciprocità, nel rispetto, nel dono gratuito oppure avanzo pretese, coltivo dipendenze? O, viceversa, manco di attenzioni, aspetto che siano sempre gli altri a cercarmi, a fare il primo passo, chiuso nella difensiva, nella paura, nell’insicurezza?
La vita è un continuo appello a un banchetto di nozze, a salire la montagna della comunione con gli altri e con il Signore: accogliamo questa chiamata, questo dono che viene da Dio.
– don Silvano, Casa Sant’Andrea