“Per questo infatti sono venuto!” (Mc 1,38).
Il ritmo delle nostre giornate spesso è frenetico, per gli adulti, per i giovani e, addirittura, anche per i ragazzi: la nostra vita è fatta di famiglia, lavoro, scuola, casa, parrocchia, parenti e amici, imprevisti… Tante volte siamo di fretta e talvolta sentiamo un forte disagio per questo stile di vita. Ci accorgiamo che corriamo per i numerosi impegni, per le scadenze che non accettano ritardi, per le responsabilità che abbiamo, ma ci accorgiamo anche che talvolta non sappiamo bene il motivo del nostro correre, del nostro agitarci. Corriamo, ma non sempre abbiamo dinanzi agli occhi e nel cuore le persone concrete per cui lo facciamo. Altre volte corriamo perché non vogliamo fermarci a pensare, a riflettere o vogliamo evitare il confronto e la familiarità con gli altri. Persino con il lavoro, così prezioso di questi tempi, abbiamo talvolta un rapporto di dipendenza.
Anche la giornata di Gesù è segnata dalla fretta. L’avverbio “subito” scandisce il racconto del Vangelo di oggi e tutto il vangelo. Gesù è in perenne movimento ed ha molti impegni e appuntamenti: al mattino presto prega tutto solo sul monte e poi va nella sinagoga; dopodiché si reca in casa di Simone, dove guarisce la suocera ammalata; poi ancora va alle porte della città dove incontra tanti ammalati e li guarisce. La fretta di Gesù non ha nulla a che vedere con la fretta dispersiva e distratta che troppe volte rovina le nostre giornate. Gesù corre perché sente l’urgenza di annunciare il Regno: egli è proteso nella missione di annunciare il suo arrivo, di portare a tutti la bella notizia che Dio è qui, ormai, è vicino.
Il suo agire ci invita a rivedere il nostro correre, allora, il nostro darci da fare, per dare un senso alla nostra fretta. Anche per noi c’è una sola urgenza, la stessa di Gesù, la stessa dell’apostolo Paolo: “fare tutto per il vangelo”; anche il lavoro, le riunioni, l’educare i figli, fare le spese, l’andare da una parte all’altra… tutto siamo chiamati a fare per il vangelo.
La differenza e la salvezza stanno in una parola, una preposizione ripetuta nel vangelo e anche nella seconda lettura: “per”. “Sono venuto per” predicare il vangelo a tutti, dice Gesù ai discepoli. E Paolo aggiunge quando scrive: “Tutto il faccio per il vangelo”. “Per”. Gesù e Paolo vivono “per”. La venuta di Gesù, il suo fare, il suo correre, il suo essere frettoloso, hanno un motivo e dei destinatari. Il correre di Gesù ha un senso: annunciare il vangelo a tutti. Gesù ha in mente solo il bene, la salvezza di tutti: ecco perché corre. Così Paolo, il grande missionario. Come loro anche noi siamo chiamati a vivere per, per gli altri, per le persone che ci sono affidate, ma soprattutto per il vangelo, ossia per portare a tutti la bellezza della salvezza del Signore, il suo amore che ci ha conquistati. È questo il compito che ci ricorda anche l’odierna giornata per la vita. È una giornata “per” la vita, ossia una giornata che la promuove, la valorizza, la incoraggia. E noi siamo chiamati ad essere per la vita, ossia a correre, a darci da fare con urgenza perché la vita fiorisca, sia rispettata e valorizzata, dal nascere al morire, anche quando costa fatica e rinunce, testimoniando soprattutto ai giovani che vivere davvero significa avere dei progetti, impegnarsi per gli altri, dare delle motivazioni profonde al proprio fare.
Sentiamo molto vicino a noi il Signore oggi: la sua giornata assomiglia alla nostra. Ma siamo chiamati a fare nostro il suo stile dentro alle nostre corse, ossia a dare loro un senso, un motivo. E il motivo è il suo, il vangelo, vera salvezza per tutti.
– don Silvano, Casa Sant’Andrea