“Rimanete in me e io in voi” (Gv 15,4).
Nelle parole pronunciate oggi da Gesù c’è un verbo particolarmente affascinante, ma che non sempre riusciamo a vivere: si tratta del verbo “rimanere”. Ci affascina poter vivere pienamente la vita, ma com’è difficile poi stare fermi sul proprio lavoro, affrontare la vita quotidiana, stare seduto a scuola o rimanere sui libri a studiare, stare fermi in preghiera, affrontare le relazioni quando ci sono dei conflitti oppure affrontare i dubbi e le domande sul proprio futuro.
Oggi facciamo piuttosto fatica a restare dentro alle situazioni, ai rapporti, alle fatiche e alle gioie: preferiamo prenderle o lasciarle quando ci pare, fare le cose se “ci sentiamo di farle”; soprattutto fatichiamo a sostenere i tempi lunghi, preferendo fare zapping nei rapporti, nelle situazioni. Temiamo i conflitti, poi, e piuttosto che affrontarli spesso li evitiamo o li viviamo in modo violento, sminuendo le nostre capacità e quelle degli altri. Capita nelle amicizie, nei rapporti di lavoro, in famiglia, in parrocchia, nello sport… Questo nostro “andare via”, questo sfuggire alla vita reale a volte è il segno di poca robustezza interiore, di poca fortezza, che è il dono dello Spirito Santo, quel dono capace di farci sostenere l’impegno, anche quando non ci sentiamo gratificati.
Ma di cosa abbiamo bisogno per essere persone capaci di stare dentro alla vita, dentro alla realtà anche quando costa?
Anzitutto c’è bisogno di una grande fiducia in se stessi e negli altri, una fiducia che ci aiuti a non svalutare noi stessi e le altre persone. L’esperienza del limite non è sinonimo di brutto e invivibile, di inutile, bensì di occasione per riconoscere che non siamo perfetti e per conoscere e tirare fuori le nostre risorse. Quando sperimentiamo le incomprensioni con gli altri e il conflitto, la prima conclusione da tirare non è decidere chi ha ragione o torto, bensì credere in se stessi e nell’altro e cercare insieme ostinatamente la verità. Quando le cose che stiamo facendo non ci piacciono eppure sappiamo che sono il bene, la prima cosa da fare non è andare via, bensì cercare le motivazioni per restare e poi scegliere di rimanerci dentro, certi che ne vale la pena.
La forza per rimanere dentro alla realtà ha tuttavia anche radici ben più profonde, radici che fanno salire la propria linfa e donano energia e forza. La linfa vitale viene dal Signore, da colui che per primo è rimasto dentro alla vita anche se rifiutato, anche in pericolo, anche se in croce: il suo amore è il motivo e la forza che fa restare dentro alla vita. La forza di rimanere anche quando costa, nasce in noi se prendiamo coscienza di essere tralci uniti alla vite, a lui, se scegliamo di restare uniti a Gesù. È del riferimento a Gesù, di un forte legame con lui che abbiamo bisogno per rimanere fedeli alle nostre responsabilità, ai nostri impegni, alle nostre relazioni, alla nostra vocazione, alla nostra fede, alla nostra comunità. Solo se rimaniamo in Gesù, se viviamo il rapporto vitale nato con lui nel giorno del Battesimo, noi troviamo i motivi e la forza per affrontare i cambiamenti, le incomprensioni, gli imprevisti, i limiti, la fatica e la sofferenza: il nostro vivere allora avrà un senso, sarà appassionato, porterà frutto.
All’inizio della primavera sui tralci potati affiora una goccia di linfa che luccica sulla punta del ramo. Quella goccia parla anche di noi e di Dio, del suo amore che sperimentiamo nella preghiera, nei Sacramenti, nell’ascolto della Parola: è di questo amore che abbiamo bisogno, anzitutto, se vogliamo restare dentro alla vita, anche quando costa, così da portare frutto.
– don Silvano, Casa Sant’Andrea