L’indifferenza
Fa specie l’indifferenza degli spensierati di Samaria rispetto alla “rovina di Giuseppe” (Am 6,6) e ancor più quella del ricco della parabola del Vangelo nei confronti del povero Lazzaro (Lc 16,20-21): com’è possibile che uno non s’accorga di chi soffre o non sia sensibile verso le necessità degli altri? Non è da meno, tuttavia, l’indifferenza del nostro tempo verso il popolo ucraino o i tanti immigrati che trovano la morte lungo il viaggio, verso le tante ingiustizie che si consumano ogni giorno nel mondo. In realtà tutto questo spesso rimane sullo sfondo anche delle nostre preoccupazioni e attenzioni, perché diamo la precedenza ad altro che riteniamo più importante e necessario.
Le chiamate di Dio
Lo scorrere del tempo, il venir meno di un pericolo imminente, la distanza fisica dalle situazioni concrete ma soprattutto un cuore chiuso in se stesso e preoccupato soprattutto di non soffrire, ci fa diventare insensibili e privi di misericordia verso gli altri, incapaci di alzarci dai nostri “letti d’avorio” (Am 6,4) e di fare un passo verso i fratelli. La sensibilità e con essa la misericordia non sono doti innate ma il frutto di un lavorio interiore, di un’educazione quotidiana all’amore, all’attenzione, alla cura, alla tenerezza e, soprattutto, all’ascolto. Quell’indifferenza che attanaglia il cuore del ricco senza nome nella parabola evangelica e degli ebrei di Samaria, può essere abbandonata soltanto se il cuore fa spazio all’ascolto, se diventa capace di “sentire” ciò che vibra dentro alla vita degli altri e accoglie tutto ciò come una chiamata di Dio. Ogni giorno il Signore ci parla attraverso le situazioni, le persone che ci circondano e il nostro vissuto interiore e la sua voce risuona soprattutto nei tanti bisogni che arrivano a noi dall’intera realtà ma solo un cuore aperto all’ascolto della sua voce è capace di udire la sua parola e scegliere di seguirla.
Dare forma al cuore
“Combatti la buona battaglia della fede”, “tendi” ai valori più grandi della vita, “alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza” (cf 1Tm 6,11-12) ci dice oggi il Signore. Quel cuore sensibile e capace di amare che non si improvvisa, è il frutto anche di una battaglia, di un darsi da fare con forza e decisione per coltivare la fede nel Signore, farsi attenti verso gli altri, mettersi dalla parte dei poveri che fuggono dalla miseria e dalla violenza, stare davanti alla cattiveria e all’incredulità con amore e fiducia. La misericordia che il Padre ci chiama a vivere è impegnativa: “rimane fedele, rende giustizia agli oppressi, dà il pane agli affamati, libera i prigionieri, ridona la vista ai ciechi, rialza chi è caduto, ama, protegge i forestieri, sostiene l’orfano e la vedova” (Sal 145). Non sembri, tuttavia, solo uno sforzo di volontà dare questa forma al nostro cuore e alle nostre scelte: dentro di noi abita lo Spirito di Dio e la battaglia consiste soprattutto nel togliere ciò che blocca il suo scorrere, il pensiero e le abitudini dell’uomo vecchio che giustifica la pigrizia e la spensieratezza, per vivere il nostro essere figli di Dio dal cuore sensibile come il suo.
Il contagio da evitare
“Non lasciamoci contagiare dall’indifferenza” ripete spesso papa Francesco: egli sa bene che è questa una delle piaghe più tremende di oggi. Le nostre comunità siano, invece, luoghi in cui ogni persona è chiamata per nome e insieme si cerca di ascoltare la voce del Signore che chiama anche attraverso i poveri. In questo contesto, potranno maturare ragazzi e giovani sensibili, capaci di cogliere un dono nella chiamata del Signore a servire i fratelli.
A cura di don Silvano Trincanato