“Ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore”. (Lc 2,10-11)
C’è agitazione in cielo oggi, c’è movimento, c’è gioia grande. È nato un bambino e gli angeli cantano di gioia: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama» (Lc 2,14). Dio è contento di essersi fatto uomo. Si è fatto bambino, è stato adagiato in una mangiatoia per animali e questo lo rallegra, lo fa cantare. Egli che è Dio, gode di stare tra di noi e in comunione con noi. Questa grande gioia, Dio non la tiene per sé, ma la vuole condividere, desidera che sia “per tutto il popolo” (Lc 2,10): per questo i suoi angeli si avvicinano ai pastori e a noi, ce la annunciano e ci indicano dove si trova il bambino. Essi ci chiamano ad andare da lui per scoprire anche noi la gioia di questa esperienza, di questa presenza. Dio non gode soltanto della sua gioia, ma anche della nostra: la desidera, ci vuole contenti tutti, qualsiasi sia la nostra situazione. Egli desidera un’umanità felice.
Sostiamo un poco sulla gioia, su questa gioia che il Signore ci vuole regalare e di cui abbiamo tutti un profondo desiderio. Sentiamo il fascino delle belle risate, ma soprattutto della serenità del cuore, dell’armonia con quanto ci circonda e della comunione fraterna. A volte ci ostiniamo a chiedere la gioia alle cose che possediamo o che luccicano nelle vetrine: altre volte cerchiamo gioia nel compiacimento degli altri, nell’avere una posizione sociale; a volte la cerchiamo nella durezza verso gli altri o abusando del nostro potere sugli altri, nel campo del lavoro, nel luogo di servizio o anche in famiglia. Spesso pensiamo che sia lì, in queste cose, la sorgente della gioia e che anche Dio goda di questo, che siano proprio queste le realtà che lo fanno essere un Dio. Oggi veniamo scombinati, invece, dalla notizia che lui non gode di queste cose, ma di tutt’altro. Gode nel venire tra noi, nell’essere uno di noi, dello stare in comunione con noi e a questa comunione chiama ogni uomo, anche noi, perché possiamo sperimentare la gioia. Queste sono le gioie di Dio: non lo rendono contento la forza, gli onori, le cose, ma lo stare tra di noi, dentro la nostra storia.
Questa gioia può essere anche la nostra, ma come arrivarci? Come aprirci a questa gioia che ci sembra facile e allo stesso tempo impossibile, che sembra a portata di mano ma anche lontanissima? Come fare posto alla gioia vera mentre ci sono tante persone che soffrono, come mollare la presa dalla chiusura, dalla sfiducia, dal peccato, che tanto ci fanno star male, ma che ugualmente teniamo stretti?
Il Vangelo ascoltato sembra indicarci anche la via per la vera gioia: “Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore” (Lc 2,19). La via che apre alla gioia è l’atteggiamento di Maria. Questa foto che il Vangelo ci regala di lei non ce la fa vedere mentre ride o cantare dalla gioia, ma quasi appartata, intenta a custodire e meditare quanto sta vivendo. Quella donna che nei mesi prima ha cantato andando a visitare la cugina Elisabetta, oggi sosta nel silenzio, preparando altre gioie. “Custodire” e “meditare” nel cuore il Natale è la via che oggi ci viene consegnata per sperimentare gioia di Dio, per condividerla con lui. Si tratta di aprirci ad un modo nuovo di stare in questo mondo, di abitare le cose di tutti i giorni. Si tratta di fare ciò che facciamo in modo “materno”, ossia come se fossimo un grembo che conserva, non dimentica, protegge, ma anche nella fiducia che portiamo dentro qualcuno di grande, che da tutto ciò che viviamo nascerà qualcosa di bene. Si tratta di meditare, ossia di ripensare alla ai fatti quotidiani e ai grandi fatti compiuti da Dio cercando di trovare il filo rosso che li lega, si tratta di riflettere per mettere insieme i nostri sogni con quelli di Dio (“symballusa”), con pazienza, con amore, sino a scoprire che egli abita la nostra vita e la accompagna alla gioia vera.
– don Silvano, Casa Sant’Andrea