Chi accoglie voi, accoglie me – XIII domenica T.O – Anno A

Chi accoglie voi, accoglie me (Mt 10,40).
 
Nei giorni scorsi sono stato a Palermo insieme alla comunità vocazionale del Seminario per conoscere da vicino la testimonianza di 3P, il beato Padre Pino Puglisi (davvero un prete dal cuore di pastore!). Ho potuto ascoltare i racconti di diverse situazioni difficili e contradditorie, ma soprattutto sperimentare l’accoglienza di tante persone incontrate: tra la gente del sud vi sono un sacco di giovani e adulti dal cuore largo, spontaneamente generoso e ospitale, che non guardano l’orologio quando sono con gli ospiti, che aprono le porte di casa per offrire un pranzo e la gratuita compagnia, che alle sei di mattina sono pronte a raggiungere il porto per accogliere i migranti che arrivano con le navi dopo essere stati recuperati in mare. Come 3P: anche lui è stato un prete accogliente, con la porta di casa, e soprattutto quella del cuore, aperta agli altri e il sorriso sulla bocca. E così è morto: cordiale anche con i suoi assassini, con un sorriso anche per loro.
 
Sono accogliente? Ho il cuore aperto agli altri, a tutti, soprattutto ai più deboli? Come posso diventare ospitale? Queste domande mi stanno profondamente provocando in questi giorni e oggi nella Parola di Dio scopro luce per la vita.
Quanto ascoltato, anzitutto, ci fa scorgere le opportunità che vi sono nell’accoglienza: l’accoglienza è promessa di benedizione. La donna facoltosa che senza timore ospita in casa il profeta Eliseo, sperimenta la benedizione di un figlio, dono di straordinaria portata, soprattutto nella cultura del tempo (2Re 4,16). E Gesù aggiunge: “Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato” (Mt 10,40).
Il Signore, poi, ci indica anche la strada oggi per diventare accoglienti e sperimentare la sua benedizione: essa si fa strada soltanto in chi rinuncia a se stesso, al proprio spazio, alle proprie pretese, e si apre sinceramente all’altro, pronto ad ogni conseguenza. Per aprire il cuore all’altro, anche a Dio, devo amarli più del padre e più del figlio, devo prendere la mia croce, devo perdere la vita. Sono parole forti, scelte appositamente da Gesù per indicarci la radicalità dell’amore. Non le dice per spingerci a rifiutare i nostri cari o per portarci a disprezzare la vita, ma per incoraggiarci alla povertà del cuore, alla libertà vera dalle persone, dalla loro riconoscenza, dalla pretesa di essere al centro del mondo, dalle paure che talvolta frenano il cuore. Può accogliere solo un cuore povero, libero, che non teme la propria nudità, la propria debolezza, la propria vulnerabilità.
 
Accogliere non va da sé, lo sappiamo. Quanto è difficile. E soprattutto quanto è difficile continuare nel tempo ad essere accoglienti: chiede costanza e sempre nuova fiducia, soprattutto se siamo già stati feriti nel fare il bene da rifiuti o imbrogli. Per accogliere davvero devo restare saldo nel Signore, riconoscere in lui l’unica sicurezza di cui non posso fare a meno. Amava dire 3P alle persone: “Dio ci ama, ma sempre attraverso qualcuno”. Accogliamo chiunque, allora, certi che dal nostro aprirci arriverà in benedizione l’amore di Dio. E sosteniamo quanti già vivono l’accoglienza, incoraggiamoli con la nostra presenza e la nostra preghiera perché non venga meno la loro testimonianza, che è promessa di benedizione per loro ma anche per l’intera comunità.
– don Silvano Trincanato, Casa Sant’Andrea