“E Gesù cresceva” (Lc 2,52).
Festa di una famiglia santa, la famiglia di Gesù, Giuseppe e Maria. Santa perché composta da persone scelte e coinvolte dal Signore in una storia sacra. Santa perché ciascuna di esse e tutte insieme hanno accolto e vissuto la chiamata del Signore scegliendo Dio e la sua parola. La santità non è semplicemente un pacchetto confezionato che Maria, Giuseppe e Gesù si ritrovano tra le mani, ma un dono che portano dentro di sé e scelgono di vivere, aderendo alla parola di Dio. Il racconto di questa domenica lo mette bene in evidenza. Dentro la complessità e le fatiche della vita, la famiglia di Gesù percorre la propria strada, vivendo con fedeltà e creatività la Parola. È una famiglia che, come tutte, vive in modo semplice l’ordinarietà del quotidiano e della fede, ma che risponde con un proprio stile, con dei tratti propri allo straordinario, all’inaspettato, alle sorprese della vita. Alcuni verbi lo mettono bene in evidenza nell’occasione della perdita e ritrovamento di Gesù a Gerusalemme ed esprimono la concreta santità della famiglia di Nazaret.
- Anzitutto il verbo “tornare”. Dice il vangelo che, da buoni genitori, Maria e Giuseppe non trovando Gesù nella carovana, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. Potrà non sembrare particolarmente significativo questo atteggiamento: ogni buon genitore lo avrebbe fatto. Dentro quel “tornare”, però, c’è un lungo e faticoso cammino a ritroso che esprime premura, affetto, cura: Maria e Giuseppe sono consapevoli del dono che è Gesù e vanno in cerca di lui. Si tratta di un ritorno a Gerusalemme, ma chissà quanti altri ritorni avranno vissuto come genitori, desiderosi di essere attenti, ma anche di custodire un dono che sanno non essere soltanto loro, ma del Padre. Ogni volta che non avranno capito Gesù saranno tornati da lui: ogni volta che si saranno persi tra loro, come marito e moglie, avranno fatto la strada a ritroso alla ricerca dell’altro, desiderosi di ritrovarsi; ogni volta che il volto di Dio avrà perso luce, saranno tornati da lui.
- Poi il verbo “restarono stupiti”. È lo stupore per il ritrovamento inaspettato, ma anche per un figlio che è diverso da come se lo rappresentavano, diverso da come finora lo avevano visto e conosciuto, capace di dialogare coi grandi e di spiegare una Parola finora rimasta oscura. Chi si stupisce è una persona viva interiormente e per la quale non è tutto scontato, già capito e conosciuto: si stupisce chi sa ascoltare e vedere con il cuore, chi da valore all’altro e non soltanto a sé stesso. Così Maria e Giuseppe: sono aperti ad amare Gesù per quello che è, oltre i loro schemi, oltre le loro aspettative. Sanno stupirsi, perché riconoscono di essere soltanto una parte del grande disegno di Dio, una piccola parte del Regno di Dio e si aprono a Gesù e a quanto il Padre sta compiendo con lui in povertà di cuore.
- E il verbo “non compresero”. Anche questo fa la santità della famiglia di Nazaret: il non capire tutto e il non capirsi. Pur non avendo tutto chiaro, stanno insieme: pur non sapendo tutto l’uno dell’altro vivono in comunione, avendo rispetto del mistero che li abita e che va oltre la comprensione umana. Chiedono, interrogano, si parlano, si confrontano con forza, ma poi si accolgono l’un l’altro e vanno ancora a vivere insieme anche se non è tutto chiaro. E non sarà successo soltanto quella volta della perdita e del ritrovamento di Gesù: così fu, almeno in parte, per Maria e Giuseppe all’inizio del loro amore, quando arrivò loro un figlio senza averlo voluto e in un modo del tutto inaspettato. Così sarà stato in tante altre occasioni, come in ogni famiglia.
- “E Gesù cresceva”, ci racconta il vangelo, una volta che la famiglia fece ritorno a Nazaret. “Cresceva” è il verbo che mette in evidenza come la santità consista anzitutto nella crescita di Gesù, nel suo crescere in noi e tra di noi. Nella famiglia di Nazaret e in ogni famiglia, la santità è lasciar crescere e far crescere Gesù, lasciare che la sua persona prenda spazio nella vita, che la sua grazia e la sua sapienza abbiamo un posto tra di noi, un posto sempre più grande. Gesù, è tornato nella propria casa, “imparando”, dice la Lettera agli ebrei (Eb 5,8), giorno dopo giorno dai genitori, dalla comunità, dalla borgata, dal Padre, rimanendo nascosto ai più fino a trent’anni, diventando in questo modo quell’uomo che avrebbero incontrato i discepoli, i farisei, gli scribi, Pilato… Ma anche Maria e Giuseppe sono tornati disponibili ad imparare dal proprio figlio, a diventare adulti, credenti, genitori: anche loro hanno imparato ad essere famiglia.
Si è santi perché scelti dal Signore per qualcosa di grande, ma si diventa santi perché si coltiva il sogno di Dio nella quotidianità, perché si permette a Gesù di crescere in noi e tra di noi. Far crescere Gesù significa prenderci cura di lui, prenderci cura personalmente e insieme della nostra fede e delle persone che il Signore ci affida, coltivare la preghiera e la carità. Far crescere Gesù, significa permettere al suo mistero di prendere posto in noi e tra di noi, lasciar andare i nostri modi di vedere e di sentire, mollare la presa sulle nostre attese e pretese, e dare spazio allo stile, ai pensieri, al cuore, alla volontà del Figlio di Dio. Scendiamo dentro la nostra Nazaret pronti ad accogliere con lo stile della Santa famiglia lo straordinario che talvolta rallegra e altre volte affatica.
– don Silvano, Casa Sant’Andrea