Gesù ordinò loro di non raccontare ciò che avevano visto – II domenica di Quaresima, anno B

“Gesù ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto” (Mc 9,9).

Le letture di questa domenica si concludono con un invito chiaro di Gesù al silenzio. Non è semplice accettare questa richiesta. Come tacere dinanzi alla scena di Abramo che sta per sacrificare il proprio figlio? Come tacere dopo aver visto Gesù trasfigurato e aver ascoltato la voce di Dio?
Questo silenzio, tuttavia, è necessario per custodire queste grandi esperienze di fede, permettendo loro di maturare anche dentro di noi, di svelarsi nella loro verità che è più grande anche di questi fatti. È un silenzio che permette alla fede di crescere, di maturare, di diventare fiduciosa obbedienza. Stare in questo silenzio può aiutarci ad imparare a credere come Abramo, ma anche ad aprirci ad una fede più autentica in Gesù.

Stiamo in silenzio con Abramo, anzitutto. Di fronte alla richiesta di Dio di salire sul monte e sacrificare il proprio figlio non protesta e non mette condizioni, ma in silenzio, gesto dopo gesto, obbedisce a questa parola. Ecco cosa significa credere: fidarsi di Dio come Abramo, sino a dare tutto al Signore, sino a consegnargli anche il figlio della promessa tanto attesa. Credere significa fidarsi di ogni parola di Dio, anche la più tremenda, pronti tuttavia, alle sue sorprese. Sappiamo bene dal testo che Dio non voleva alcun sacrificio umano da Abramo, ma il sacrificio del suo cuore, ossia una fede totale, e questo è ciò che ritroviamo in lui: Abramo crede alla parola di Dio sino a rinunciare a tutto, anche al figlio, offrendo tutto ciò che ha. Egli ha scoperto cosa significa credere, ossia non tanto amare i doni di Dio, fosse anche un figlio, ma amare il Dio dei doni.
Stiamo in silenzio, poi, anche con Gesù e i discepoli. Sostando con loro scopriamo che la fede nasce dall’obbedienza, una parola che significa molto di più che eseguire quello che un altro ci dice: il significato letterale ci dice che il verbo obbedire (lat. ob-audire) ha a che fare con l’ascoltare e col farsi vicini a chi parla per ascoltarlo bene e lasciarci coinvolgere da quanto sta dicendo. Credere significa obbedire a Dio che si è fatto presente nella nostra vita attraverso il Figlio Gesù: credere significa ascoltare il Figlio amato di Dio, seguirlo dovunque vada, consegnando a lui tutta la nostra vita, anche quando ci chiede di percorrere con lui la via della croce.

Sì, il silenzio è impegnativo, di fronte a questi fatti e nella vita quotidiana, eppure è necessario se vogliamo che in noi maturi la profonda e radicale coscienza che “Dio è per noi” (Rm 8,31) e che niente e nessuno potranno mai separarci da lui. “Egli che non ha risparmiato il proprio figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa insieme a lui?” (Rm 8,32). Facciamo silenzio, allora, con Abramo e con Gesù. Abitiamo serenamente il silenzio quando intorno a noi vengono meno suoni o rumori, senza correre a cercarli per riempire il vuoto che ci fa paura: cerchiamolo, piuttosto, volutamente. Cerchiamo il silenzio quando preghiamo e ascoltiamo la Scrittura, dando la precedenza al Signore piuttosto che al nostro parlare. È dal silenzio che nasce la fede, dal silenzio che si fa ascolto obbediente di Dio che parla a ciascuno di noi.

– don Silvano, Casa Sant’Andrea

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