“Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera” (Lc 3,21).
“Battesimo”, un termine che significa “immersione”. “Di Gesù”: questa immersione oggi si riferisce a lui, al suo entrare nell’acqua, come manifestazione del suo immergersi dentro all’unanimità, tra la gente, e nella preghiera, ossia nella relazione intima e personale con il Padre suo.
Tra la gente, anzitutto. Gesù viene tra le persone comuni, quelle semplici ma desiderose di conversione. Viene come uno tra tanti. Si mostra come Dio che cerca l’uomo per amore. Tra quella gente ci siamo anche noi: viene per cercare noi, per cercare me, per essere Dio vicino a noi, Dio che non fa paura e non giudica ma ama. E ci sentiamo provocati a fare verità: abbiamo serie intenzioni con il Signore? Siamo disponibili a un rapporto personale con lui? Ma in lui ci sentiamo provocati anche a rilanciare la nostra relazione con gli altri che non sono soltanto altri accanto a noi ma i nostri fratelli, la nostra gente. Dentro alla società di oggi possiamo sentirci estranei, rifiutati o superiori: l’amore ci chiama, però, a condividere la vita degli altri, a non isolarci dalle relazioni, a non fare distinzioni, a tralasciare ogni sguardo di giudizio e distacco, per essere non solo socievoli ma amorevoli e disponibili, persone di carità. Gli altri non sono un ostacolo alla mia realizzazione, alla mia libertà ma il luogo in cui tutto ciò può accadere.
Nella preghiera, poi. Mentre attorno a lui c’è confusione e andirivieni di gente che si immerge nell’acqua, Gesù, subito dopo il suo Battesimo, si mette da parte in preghiera. Si immerge nel suo rapporto con il Padre, una relazione che lo avvolge dello Spirito e ci svela un Messia non solo appassionato di noi ma in profonda comunione con Dio. Nella fede noi crediamo che questa relazione l’ha resa possibile anche per noi e questo è il significato del sacramento del battesimo che abbiamo ricevuto. Nel battesimo siamo stati profondamente uniti a Cristo e per ciascuno di noi si è aperta la possibilità di una comunione personale, intima, quotidiana, di figli con Dio Padre nostro. Come Gesù anche noi possiamo immergerci nella preghiera, ossia lasciarci afferrare il cuore dall’intimità con Dio, dal rapporto con lui. Chissà qual è la temperatura di questa relazione oggi: forse ci siamo abituati alla sua presenza, forse fa parte dei nostri pensieri, delle nostre abitudini ma non afferra ancora le nostre viscere. Un rapporto d’amore vive di intimità, di sosta, di gratuità ed è questa dimensione l’immersione che siamo chiamati a coltivare con Dio, sebbene presi dalle tante cose quotidiano, certi che non ruba nulla alla vita ma la rende eterna.
Insieme al Signore siamo chiamati ad immergerci nella vita del mondo e nella vita di Dio. La ripresa della vita ordinaria per tante persone sia anche per noi un incoraggiamento ad andare incontro agli altri e al Padre, ai nostri familiari, amici, alla nostra comunità, a quanti vediamo tutti i giorni e a quanti non vediamo da tempo. Sia un incoraggiamento anche a non lasciarci assorbire dei ritmi quotidiani e a preservare sempre una sosta di intimità con il Signore la cui parola autorevole ci riconduce sempre alla nostra verità e alla nostra missione: siamo figli amati da lui.
– don Silvano, Casa Sant’Andrea