Il “nostro” Seminario
di don Giuliano Zatti
Eccoci già arrivati a settembre: l’Estate corre verso l’Autunno e il tempo ci porta lentamente alla ripresa su fronti diversi. Come di consueto, il mese di settembre nella nostra Diocesi porta con sé anche la Giornata del Seminario, nella quale vogliamo ringraziare il Signore per il dono dei sacerdoti, per gli ambienti educativi che li accompagnano nella formazione e per quanti, in modi diversi, contribuiscono alla vita e alla crescita del Seminario stesso. Io, personalmente, dopo otto anni di formazione in Seminario minore (a Tencarola), sei anni al Maggiore e tre anni vissuti accanto ai diaconi come educatore, mi trovo in questi giorni a darne compimento ad altri undici di servizio a Casa S. Andrea (senza aggiungere i miei cinque anni romani che sono stati vissuti dentro
un particolare Seminario, che presta servizio alla Chiesa italiana). Provate a fare i conti: togliete il
tempo trascorso da bambino a Candiana, il mio paese; togliete tre anni di servizio in parrocchia,
alla Madonna Pellegrina, e vi accorgerete che la bilancia pende inesorabilmente a favore del Seminario.
Giusto per dire quanto mi appartenga l’ambiente di cui stiamo parlando! Il Seminario fa ormai parte di me. Sono “mie” le antiche pietre del Maggiore come le linee leggere del Minore; sono “miei” gli ambienti fin troppo sobri di Casa S. Andrea e sono “mie” le parole della pastorale vocazionale;
sono “miei” i progetti educativi, ma anche i volti che si susseguono l’uno all’altro; sono “mie”
le esigenze quotidiane e le famiglie che entrano od escono dai nostri ambienti; sono “miei” gli sforzi educativi di ogni giorno e il confronto continuo sui seminaristi…
Potrei continuare così, ma forse è il caso che cambi il pronome possessivo: non devo dire “mio”; è meglio dire “nostro”. Il Seminario è “nostro”, il Seminario appartiene alla comunità diocesana come uno dei suoi beni più preziosi e il titolo stesso di questa rivista ci ricorda quanto Gregorio Barbarigo sentisse il Seminario come cuore del suo cuore. Da questo Vescovo santo, la Diocesi intera impari a considerare il Seminario come casa di tutti, dove riporre speranze per il futuro, investire nell’educazione e aprirsi alle sorprese di Dio. Non è accettabile che la comunità diocesana veda nel Seminario il “distributore” di preti secondo il bisogno del momento, senza che vi sia una eguale disponibilità all’accompagnamento, alla simpatia, alla preghiera, al sostegno economico e magari anche alla comune sofferenza, viste le difficoltà che talora sembrano inquinare il lavoro e la passione di tanti. Come educatori sentiamo forte il senso di un lavoro comune e di una responsabilità di squadra che ci impedisce di mettere la firma personale sui frutti buoni che spuntano dal Seminario: allo stesso modo, il Seminario vivrà bene nella misura in cui avrà le spalle coperte da una intesa e da un interessamento che si riversino abbondanti sui suoi passi e sulle scelte che vi si compiono.
Di cosa abbiamo bisogno? Di vocazioni? Certo. Della preghiera sincera che molti ci promettono?
Certo. Di soldi? Certo. Della carità di tanti? Certo. Ma dico di più: bisogna “essere” in Seminario, bisogna sentirlo casa propria e magari farlo diventare interlocutore di scelte pastorali parrocchiali.
Si guardi al Minore, per respirare la fatica educativa degli adolescenti e farla diventare una risorsa.
Si guardi a Casa S. Andrea, facendo in modo che i giovani non siano lasciati a percorsi formativi
fragili nelle comunità. Si guardi al Maggiore, chiedendo a Dio che doni preti santi alla sua Chiesa,
ma doni anche dei credenti santi al cuore dei preti, troppe volte lasciato privo di persone vere e
credibili. Il Seminario è a servizio di una Chiesa locale, ma diventa anche il laboratorio nel quale una Chiesa locale gioca la sua credibilità, il suo volto e il suo futuro. Di certo cambieranno i tempi e cambierà pure la pratica pastorale, nel moltiplicarsi delle esigenze e nel frantumarsi delle priorità, ma è inevitabile che vi saranno degli spazi importanti dei quali non sarà possibile fare a meno: il Seminario è uno di questi. La Giornata che viviamo in questo mese di settembre ci porta a non lasciare solo il Seminario, a custodirlo come un tesoro di famiglia, come l’eredità che si consegna
ad altri, perché – oltretutto – non vada sciupata una storia di grazia che ha accompagnato la nostra Chiesa nei secoli che ci stanno alle spalle.