Nel 2005 non sapevo una parola di tedesco, eppure la comunità che mi ha ospitato a Dettenschwang, in Baviera, alla vigilia dell’incontro con Papa Benedetto a Colonia, mi ha fatto sentire uno di loro. Abbiamo mangiato insieme, abbiamo pregato insieme, ci siamo sentiti parti di qualcosa di più grande.
Nel 2011, a Saragozza, prima della Gmg di Madrid, un’altra famiglia. Qualche parola di spagnolo, ma tanta simpatia e uno spirito di fraternità. Ci sentivamo uniti per la fede che professavamo, per la cultura che condividevamo.
Nel 2016, a Proszwoice, in Polonia, quaranta minuti di auto da Cracovia, ancora una volta porte aperte. A unirci la devozione per San Giovanni Paolo II e la venerazione per la Madre di Dio. Non servivano le parole, ma una preghiera in latino in chiesa e una canzone di Toto Cotugno in radio eliminavano le distanze.
Tanto ci ha separato lungo la storia, oggi è tempo di guardare – da cristiani – a ciò che ci unisce. Mi sento chiamato a far parte di una comunità più grande, erede e continuatrice di una millenaria civiltà cristiana, sotto la protezione di Maria, la Donna dell’Apocalisse ornata di dodici stelle, quelle dodici stelle che un sapiente – e furbo – artista cristiano nascose nel simbolo di un continente. Mi sento chiamato alla pace, alla libertà, alla condivisione, ma anche al testimoniare il mio essere cristiano nell’Europa di oggi. Non con il broncio, ma con un sorriso sulle labbra e una buona notizia da gridare a tutti.
– Andrea