“Quando si destò dal sonno,
Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore
e prese con sé la sua sposa” (Mt 1,24).
Giuseppe si desta dal sonno, fa come gli aveva ordinato l’angelo e prende con sé Maria. Quando Giuseppe agisce così non gli viene tolta la fatica, rimane la sua sofferenza, non sparisce la morte, ma nasce nel suo intimo la consapevolezza certa e serena che Dio vede più lontano di lui.
Non di rado capita che le dinamiche della vita richiedano un discernimento particolarmente attento, ponendoci di fronte a scelte non facili, lotte alle quali è impossibile sfuggire. Tuttavia, comprendiamo come l’unico modo per provare a intravedere quale sia la scelta più giusta da compiere, sia proprio sostenere questa lotta. Arrivano momenti, però, nei quali o ti svegli, o continuerai a dormire tutta la vita; o fai come ti aveva detto l’angelo del Signore, o fai di testa tua; o prendi con te la tua sposa rispettando i tempi della vita, o resterai confuso per sempre.
Come fare, dunque, a destarsi, ad agire come dice l’angelo, a prendere con sé la propria sposa? Serve riuscire a fare silenzio nella confusione della lotta, per poter ascoltare e accogliere la voce dell’angelo che, anche e soprattutto quando non lo sento, sta combattendo con me. Serve il coraggio libero dell’umile, serve l’intelligenza semplice della fede.
Quale mezzo per fare ciò è più immediato, accessibile (e allo stesso tempo purtroppo anche guardato con aria di sufficienza) della preghiera? Cosa vuol dire pregare? Vuol dire rivolgere tutta la mia attenzione non a me, ma a Colui che mi ha creato; non per fare le coccoline a Lui e perché Lui le faccia a me, ma perché Lui, il Signore di tutto, mi ama e io voglio amarlo anche se sono povero. Lì, in quel rispetto, in quella relazione, ascolto cosa l’angelo del Signore mi dice, mi desto, prendo la mia sposa con me.
E tra i vari modi di pregare, quanto ardito è quello del rosario! Il rosario impone di ripetere sempre le stesse cose senza che apparentemente succeda nulla. Capiamo quindi che la preghiera deve partire dal cuore, palpitare d’amore, altrimenti finisce per ridursi a fiato sprecato, esercizio inutile delle mandibole e della lingua. Il rosario, dove si ripete sempre la stessa cosa, ci dice che forse una vera fede matura non va in cerca di chissà quali novità o di sensazionali giochi pirotecnici, perché ha capito che è lei stessa, la Fede, a essere la novità, pur ripetendosi sempre uguale.
La vita di famiglia mi sembra funzionare in modo analogo: ogni giorno si ripete simile al precedente, eppure se li viviamo con lo spirito di quando ci siamo svegliati e abbiamo fatto come ci aveva detto l’angelo, sono giorni sempre nuovi, perché ardono d’amore; sono dono, fertile di vita.
Che bello quando vedo due anziani che si amano come il giorno del loro matrimonio, o forse di più! La moglie e il marito che vivono la quotidianità da innamorati sono l’immagine di Cristo che ama la Sua Chiesa, e della Chiesa, quella Santa, che ama Cristo.
Io sono il fratello più piccolo di una famiglia numerosa, umanamente imperfetta, dove quattro miei fratelli sono già sposati e una sorella si sposerà quest’anno. Come gioisce il mio cuore quando vede mia mamma e mio papà che nonostante infinite difficoltà si amano dopo più di quarant’anni di matrimonio, quando vede i miei fratelli con le loro mogli e con i figli, mia sorella con suo marito e suo figlio, mia sorella con suo fidanzato! Se c’è un amore vero e rispettoso dell’unicità e libertà dell’altro, allora tutti gioiscono e facilmente lodano Dio.
Quale segno profetico e quale Buona Notizia per gli uomini e le donne della nostra società un fidanzamento responsabile, il sacramento del matrimonio e un’autentica famiglia cristiana!
Una famiglia radicata in Cristo, pur imperfetta e peccatrice, diventa così grembo fertile, in grado di affrontare fatiche, sofferenze, anche morti, trovando nuovo ciò che è non nuovo; capace di vivere il succedersi dei giorni non come grigia routine, ma come novità e dono; in grado di accogliere vita, di godere del bello, di ardere d’amore e di essere stimolo per ogni vocazione; come è capitato anche a me, che ho avuto la grazia di vivere vera Chiesa a casa mia e di poter dialogare sin dall’infanzia con i miei genitori su argomenti profondi su cui in genere si tende a glissare.
Ecco, la famiglia non è un’idea che si afferma urlando, è un seme che cresce nella quotidianità silenziosa dell’amore.
Me l’hanno insegnato, con tutti i loro limiti, i miei genitori con l’esempio, vivendo realmente ciò in cui credono, con amore grande e puro, limpido e trasparente, vero. Me l’hanno insegnato consegnandomi come dono più grande la fede, la preghiera quotidiana, una relazione genuina con Gesù. Il rosario quotidiano mi accompagna dall’infanzia, pregato insieme a mamma, papà e fratelli: un quarto d’ora al giorno in cui la casa si ferma con rispetto di fronte a Dio, o se volete si muove con freschezza verso l’Amore.
Non dico di imitare la mia famiglia, imitiamo piuttosto; così come non dico che da oggi dobbiamo pregare nella forma del rosario tutti i giorni; ma chiedo: non si tralasci mai, nessun giorno, nella ripetitività della nostra vita, di buttare nuovo combustibile nel fuoco della relazione con Dio attraverso una preghiera che scaturisca dal cuore; perché nella sofferenza, come nella gioia, non perdiamo di vista il godimento di una vita piena, bella, nella pace, gioiosa, fresca.
Maria, che ci porti a Gesù, prega per noi.
San Giuseppe, prega per noi.
– Filippo Friso