“I discepoli gridarono dalla paura” (Mt 14,26).
Avvertiamo tutti che ci vuole coraggio… per vivere. La vita è impegnativa e presenta passaggi che non è sempre immediato compiere e il rischio di sopravvivere è sempre all’angolo. C’è poi bisogno di coraggio anche per credere: com’è impegnativo abbandonarsi a una persona e ancor più al Signore! Ci sentiamo coraggiosi oggi nei confronti della vita? Siamo fiduciosi nei confronti del Signore?
Per rispondere a queste domande, peraltro stimolate in questo anche dalla pandemia, dalla crisi economica e dall’incertezza diffusa, possono esserci di aiuto i vari testimoni presentati nella Scrittura in questa domenica. Incontriamo Elia mentre sta scappando dai pagani, dalla Regina Gezabele e anche dal Signore che gli chiede di essergli fedele. Troviamo l’apostolo Paolo che, diversamente dal profeta, sembra un coraggioso, capace di affrontare con vigore ogni ostacolo e rifiuto. Incontriamo, poi, i discepoli, impauriti addirittura dal Signore che scambiano per un fantasma. Fra loro, poi, vediamo Pietro che sembra essere più coraggioso degli altri e così inizia a camminare sulle acque verso Gesù ma poi non ce la fa, perché si lascia prendere proprio dalla paura. Tutti questi protagonisti hanno qualcosa da dire al nostro cuore, tuttavia vorrei raccogliere anzitutto, insieme ai giovani che in questa domenica iniziano il camposcuola vocazionale accompagnati dalla sua testimonianza, la testimonianza di Pietro che, mentre affonda nell’acqua, grida verso Gesù dicendo: «Signore, salvami!» (Mt 14,30). Pietro è fragile come tutti gli altri, ma ci indica comunque un coraggio a cui siamo tutti chiamati. Mentre affonda, consapevole di non potercela fare da solo, si apre alla domanda di aiuto e grida verso il Signore: non grida solo dalla disperazione ma sapendo di non potercela fare con le proprie forze e consapevole che da lui può venire la salvezza. Pietro ha paura come tutti gli altri e come noi ma ha il coraggio di chiedere aiuto. Aver coraggio non significa non aver paura, ma affrontarla, andare incontro alla vita, alle difficoltà, ai problemi… anche domandando aiuto, se necessario. Aver coraggio significa tentare, sperimentare, provare a camminare sulle acque della vita… ma anche saper gridare e allungare la mano verso gli altri e verso il Signore quando si arranca e si va a fondo, consapevoli che da soli non tutto è possibile.
«Signore, salvami!» è la domanda che siamo chiamati a gridare senza vergogna quando siamo disperati, quando la vita ci presenta passaggi troppo grandi. La malattia, il conflitto in famiglia o con altri, la perdita di lavoro, le battaglie coi figli… a volte li viviamo quasi con vergogna e un falso senso del pudore ci fa rinchiudere in noi stessi, piuttosto che aprirci agli altri, alla comunità, al Signore.
«Signore, salvami!» è la domanda che siamo chiamati a esprimere dinanzi a delle scelte da compiere o da realizzare nel futuro, chiedendo al Signore luce per capire qual è il bene da fare e domandandogli forza per realizzare il bene compreso.
«Signore, salvami!» è la domanda che siamo chiamati a esprimere anche se non viviamo grandi dubbi o drammi, traducendo questa preghiera diretta in spontaneo e quotidiano aiuto reciproco in famiglia, tra vicini di casa, in comunità, nel luogo del lavoro al fare da sé che spesso ci fa risolvere le cose più in fretta ma ci impedisce di sperimentare la fraternità.
In genere ci viene quasi immediato vedere la richiesta di aiuto come una debolezza e tale, talvolta, la presentiamo alle persone che ci sono affidate, mettendo dentro di loro il virus dell’autosufficienza. Assomigliamo a Pietro in altre pagine del Vangelo, quando con aria di sufficienza non riconosce il suo peccato o vuole insegnare a Gesù cosa deve fare. Possiamo vedere nel chiedere aiuto agli altri e a Dio, tuttavia, anche un modo nuovo di vivere, il normale vivere.
Lasciamoci provocare dalla Parola di oggi che ci parla del chiedere aiuto come Vangelo, buona notizia per la nostra vita, occasione in cui cresce la comunione con Dio e i fratelli. Nel chiederci aiuto reciprocamente ci accompagni la certezza che siamo tutti sulla stessa barca (Francesco, 27 marzo 2020, Omelia) e solo insieme possiamo realizzare noi stessi e gli altri. Nell’invocare l’aiuto del Signore ci accompagni la fede che egli ha subito allungato la mano verso Pietro e si è fatto pure vicino al profeta Elia: con una stretta di mano vigorosa (Mt 14,31) o con una parola leggera (1Re 19,12) egli non mancherà di venirci incontro.
– don Silvano, Casa Sant’Andrea