Senza alcun orgoglio e senza alcuna vergogna, leggo la mia vita come risultato di scelte non mie: data di nascita, famiglia e territorio di appartenenza, caratteristiche personali, incontri con persone ed eventi storici che hanno inciso sulla mia vita…
Anche la mia vocazione di diventare diacono, presbitero e vescovo solo apparentemente e superficialmente ha la mia impronta che ho visto e scoperto nelle mie resistenze e nelle mie paure, talvolta anche nell’ansia del “per sempre”: Ho visto la mia impronta anche nella paura di non costruire direttamente e personalmente il mio futuro.
“Per Grazia” penso di aver scelto fidandomi della Chiesa e del Signore Gesù.
I momenti di svolta, e di scelta quindi, sono stati l’inizio degli studi di teologia, l’ordinazione diaconale e l’ordinazione episcopale: decisioni per me troppo grandi. Avevo salda però la scelta, pure travagliata ma determinante, presa pochi mesi prima, di essere credente: il momento della mia interiore e personale professione di fede.
Adesso capisco un po’ di più che cosa è successo.
Le mie scelte sono state rese possibili da tante altre piccole decisioni prese nella quotidianità e nella semplicità: alzarsi al mattino, rendermi disponibile per qualche servizio in parrocchia o nella società, costruire amicizie, relazioni. Anche tante piccole incertezze e disobbedienze interiori, hanno contribuito a scendere dagli idealismi e a fare i conti con la realtà: la realtà della mia vita con i suoi limiti e la realtà della vita degli altri. Più che aver frenato il mio cammino le disobbedienze gli hanno dato un volto di realismo: dovevo mettermi a disposizione non da perfetto o da santo ma per quello che ero.
In occasione della mia prima e consapevole scelta, iniziare gli studi di teologia, ho interpellato una dozzina di persone: erano amici di fiducia, che mi conoscevano bene. Ho sentito anche il nonno che ha evidenziato i problemi che avrei incontrato seguendo una vita ecclesiastica: un incontro impegnativo, mentre lui pescava. Agli amici avevo chiesto se mi ritenevano idoneo e capace di intraprendere questa strada. Ho sentito anche il mio padre spirituale, ovviamente.
Alla fine, mi sono fidato di quella che per me era una porzione di Chiesa: c’era una mia disponibilità ma ho consegnato alla Chiesa la fatica di una decisione che non trovava forza sufficiente nelle mie ragioni e considerazioni. Mi affaticava infatti il fatto di consegnare ad altri il mio futuro, di non esserne il conduttore: dicevo si all’invisibile, all’incerto, all’ imprevedibile. C’era una parte emotiva troppo forte per scegliere da solo.
Abbandonare in mano ad altri la scelta – ne ho preso consapevolezza in occasione del 25º anniversario di ordinazione presbiterale – dopo anni, mi ha permesso di intravedere che andava tratteggiandosi il disegno del Signore Gesù su di me. In quella occasione ho avuto all’interiore certezza, che non io avevo scelto Gesù ma Gesù aveva scelto me. Ho obbedito alla Chiesa ma mentre mi fidavo della Chiesa (quella dozzina) obbedivo a Gesù che anche per me aveva disegnato una strada impegnativa e bella, controcorrente e in salita ma della quale intuivo il senso.
Adesso, sereno e tranquillo, mi domando: se non avessi obbedito e non mi fossi abbandonato oggi sarei tra i discepoli di Gesù, anzi sarei ancora cristiano?
Sono grato al Signore di avermi cercato e scelto e sono contento di me stesso perché mi sono fidato di Lui e della Chiesa.
Penso che anche davanti a ciascuno di voi ci sono scelte importanti e decisive, scelte che la ragione da sola non può affrontare. Vorrei domandare a ciascuno, quindi do del “tu”: Hai trovato un equilibrio, un accordo tra la tua volontà e la volontà del Signore che con ispirazioni interiori spesso si fa presente anche a te? C’è un dialogo con Gesù su quale sia il bene, anzi, quale sia il meglio per vivere la tua vita?
Vescovo Claudio
Veglia Diocesana delle Vocazioni
Cattedrale di Padova
8 maggio 2023