“La vostra vita è nascosta con Cristo in Dio!” (Col 3,3).
Ricordo ancora, a distanza di anni, l’impressione che mi fece la consegna dell’educatore durante un’attività di gruppo di provare a scrivere il mio epitaffio, ossia la frase che avrei voluto fosse stata scritta sulla mia tomba una volta chiusi gli occhi a questo mondo. Non fu per niente un gioco banale né macabro, ma un’occasione in cui mi resi conto della serietà della vita, delle mie scelte, delle mie decisioni.
In questa domenica, il Signore, come quel mio educatore, sembra venire tra noi a riproporci la stessa attività. Il racconto del tale che gli chiede di esporsi per aiutarlo a fare le parti con suo fratello, gli offre l’occasione per insegnarci a guardare con sapienza alla nostra vita, a guardarla con gli occhi suoi, piuttosto che con i nostri. Una sosta sincera, uno sguardo onesto alla vita è quello offerto da Qohelet nella prima lettura: tutto è un soffio, tutto è vanità, poca cosa. È questo il frutto della sua riflessione, maturata anche grazie a tante prove e sofferenze. Lo sguardo di Gesù, però, va più in profondità. Anzitutto, raccontando una parabola egli inserisce tra i protagonisti della vita anche Dio e così ci annuncia che l’orizzonte della nostra esistenza va al di là di noi, va oltre quanto vediamo con gli occhi o sperimentiamo fisicamente, ed è Colui che è la sorgente della vita stessa. Ci fa scoprire, poi, che la vita non è nostra, ma appartiene a Dio e soltanto ciò che realizziamo in lui avrà valore: il resto non avrà futuro, non avrà durata. Dire che tutto è un soffio è sapienza di vita, è una presa di coscienza della realtà, ma tutto ciò potrebbe farci cadere in un vuoto fatalismo e addirittura farci precipitare nell’indifferenza, nella tristezza. Gesù ci chiede, invece, di dare il giusto valore alle cose sapendo che siamo fatti per l’eternità, che “siamo nascosti in Dio”. Ecco il segreto di Gesù, ecco il vero orizzonte della vita che ci aiuta a dare il giusto valore alle cose, ai problemi. Scelgo ciò che conta davvero, ciò che ha valore per sempre, non semplicemente perché mi accorgo che tutto finisce col marcire, bensì perché so che il mio orizzonte è più grande, è la vita in Dio, è l’eternità!
Se chiedessimo oggi ai cristiani se credono nella vita eterna e nella risurrezione dei morti, non credo avremmo una risposta esaltante: le diverse indagini che periodicamente vengono fatte danno delle percentuali basse di adesione a questa verità di fede. Chissà noi che rinnoviamo ogni domenica il Credo se davvero abbiamo fede che il Signore ci ha donato l’eternità e che con la morte non finisce tutto, ma la vita viene trasformata. Forse è la poca fede in Dio e nell’eternità che rende povero il nostro rapporto con le cose e con le persone, fino a diventare egoisti: forse è proprio la poca fede che rende debole la nostra capacità di impegnarci seriamente per la vita e per l’amore. Mancando l’orizzonte dell’eternità viene a mancare lo slancio della libertà, la motivazione che fa stare liberi dalle cose, dal male, dalla paura e cercare l’essenziale: restando avvinghiati a tutto ciò, diventa difficile sognare in grande e progettare la vita per cose grandi che durano per sempre.
In questi giorni estivi… perché non dedicare del tempo a scrivere il nostro epitaffio? Potrebbe essere l’occasione per rilanciare la nostra riflessione sulla vita e togliere un po’ di nebbia dal nostro orizzonte. Da parte, mia, però, farei diversamente da come mi indicò a suo tempo il mio educatore e proverei a scrivere l’epitaffio che il Signore stesso vorrebbe scrivere per me, ossia un epitaffio scritto dal suo punto di vista. Quelle parole, allora, potrebbero diventare un progetto di vita e dare libertà al mio agire da persona chiamata all’eternità.
– don Silvano, Casa Sant’Andrea