“L’angelo mi mostrò la città santa” – Sesta domenica di Pasqua, anno C

“L’angelo mi mostrò la città santa” (Gv 21,10)

Nella domenica in cui siamo chiamati a prenderci cura dell’Europa attraverso la partecipazione al voto, la Parola di Dio ci mostra una città: è la Gerusalemme del cielo, una sposa bella che prende posto nel mondo. Quanto ascoltato ci rivela il dono che ci è stato fatto, seppure in parte invisibile agli occhi, con la Pasqua del Signore, ma rivela anche un dono che vuole farsi strada attraverso di noi. Se i nostri occhi vedono solo la città terrena, dalle caratteristiche spesso ambivalenti e dai toni in tante occasioni conflittuali, il credente ha occhi per vedere dentro alla realtà anche il sogno di Dio, un’umanità nuova, riconciliata e fraterna, resa famiglia dal dono di Gesù, l’Agnello che, passato attraverso il dono di sé, è ora luce per ogni cosa. Quanto vedono gli occhi della fede, tuttavia, possono vederlo anche gli occhi del corpo e i credenti, insieme ad ogni persona di buona volontà, hanno la missione di fare politica, ossia di realizzare la città nuova del Signore, così che tutti, dai piccoli ai grandi, dai più poveri ai più forti, possiamo sperimentarne la bellezza e la pace.

Com’è la sposa del Signore, la sua e nostra città, la nuova Gerusalemme?

Anzitutto è una sposa, la sposa dell’Agnello. È una città che è in amicizia con Dio e non in conflitto, che gli riconosce un posto, il suo posto di sposo. Sposo, ossia alleato dell’umanità e non proprietario, tiranno, signore capriccioso e tantomeno disinteressato. Sposo che la ama ed è un tutt’uno con essa.

È una sposa fedele, fedele come il suo sposo che la ama nonostante tutto, che le sta vicina sempre e comunque, anche nell’infedeltà.

È cinta da salde, robuste e possenti mura, ma leggera, aperta su tutti i lati, disponibile ad accogliere tutti i dodici popoli, disponibile a lasciar entrare e a lasciar uscire i suoi abitanti, nella libertà del dono e dell’amore.

È una città luminosa, dove le persone ricevono luce dall’Agnello, dal Figlio che le ama fino alla fine e amandole dona pace e luce ai loro volti, coraggio per il quotidiano impegno e affrontamento della vita.

È una città dove al centro c’è il Signore e l’alleanza d’amore con lui, che fa posto alle relazioni più che al potere o al possesso.

È questa la città preziosa che ci è donata, che vedono gli occhi della fede e siamo chiamati a costruire con il nostro impegno politico, ossia collaborando al bene comune nella “polis”. La politica buona, non è cosa sporca, ma “la forma più alta ed esigente di carità” (cf. Paolo VI), una vera e propria missione affidata a ogni persona e ad alcuni, in particolare, come autentica vocazione per il bene della comunità.

Forti della Parola e della Grazia che il Signore ci dona, siamo chiamati a vivere in alleanza con Dio, come una sposa con lo sposo, nella certezza che la sua presenza è per noi e non contro di noi, che con noi gioisce e soffre per ogni vicenda, che è sostegno per vivere e affrontare ogni crisi e difficoltà.

Nel suo nome, siamo chiamati a spenderci per la città terrena gratuitamente, liberi da ogni pretesa di tornaconto, anche ecclesiale, promuovendo la reciprocità e, eventualmente, superando con la carità quello che gli altri non riescono a esprimere e a dare.

Con lui siamo chiamati a realizzare una città dove si possa essere famiglia aldilà del legame di sangue, uniti dall’ascolto della Parola e dalla condivisione dei valori comuni, che non sono mai raggiunti, ma sempre mete verso cui camminare per avvicinarsi gli uni agli altri.

– don Silvano, Casa Sant’Andrea

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