“Li diede ai discepoli e i discepoli alla folla” (Mt 14,19).
C’è posto per tanti nel cuore del Signore, in ogni momento, in ogni occasione. Nel suo cuore c’è posto per delle folle. Saputo dove si trova lo cercano e lo trovano e lui si lascia mangiare, mettendo da parte il suo desiderio di solitudine e silenzio, dando loro fino a sera il suo tempo, la sua parola, le sue attenzioni, le sue cure. È questo il vero volto di Dio in ogni momento. Egli è sempre disponibile, accogliente, ospitale verso chiunque. Non è indaffarato in altre cose da non poterci dare la sua attenzione. Non è disinteressato al mondo e chiuso nel suo cielo. Egli è autentica compassione, apertura di cuore, disponibilità ad ascoltare, a condividere, a donare guarigione a quanti gliela chiedono. Sente dentro di sé la fame e la sete di ciascuno e sa dare attenzione a ciascuno, senza preferire alcuni ad altri. Questo è il vero volto del Signore anche per noi che talvolta, anche in questi ultimi mesi, abbiamo avuto timore che lui ci avesse dimenticati: per noi che in certe occasioni abbiamo coltivato la sensazione di poter fare anche da soli, di non aver bisogno della sua presenza, della preghiera, della Messa domenicale.
Le attenzioni del Signore sono molto concrete: pane e pesce, cibo per la fame. Sa di correre il rischio di essere frainteso ma non accetta la proposta dei discepoli di congedare la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare. Desidera condividere con loro non solo la parola di vita, non solo la speranza del Regno, ma anche il semplice pasto, gesto quotidiano per tutti e anche per lui, gesto famigliare, libero da distanze sociali, luogo di confronto fraterno e di condivisione della vita. Ed ecco che vediamo portare fuori dalla chiesa le nostre celebrazioni eucaristiche. Dopo che gli hanno portato pochi pani e pesci, Gesù prende li prende in mano, alza gli occhi al cielo, recita la benedizione, spezza i pani e li da ai discepoli, e i discepoli alla folla. Non è l’Eucaristia che celebriamo quella raccontata in questo episodio, eppure compiendo questi gesti Gesù vive in modo eucaristico. Vivere l’eucaristia nel quotidiano significa avere compassione degli altri, sentirne i bisogni, la fame, prendere tutto ciò che si ha e, con gratitudine al Padre, offrirlo a lui e ai fratelli, nella fraterna condivisione. La vita eucaristica è fatta di attenzione agli altri, alle loro necessità e di dono ma non semplicemente un dono proprio, frutto della propria generosità, bensì un condividere ciò che si è ricevuto dal Padre. Essa nasce dalla certezza che tutto viene da lui e che ogni cosa, se condivisa, è un dono che si allarga.
Il modo con cui Gesù arriva a dare da mangiare alla folla può farci riflettere anche sul nostro essere Chiesa. lo dico portando nel cuore l’esperienza da poco conclusa di un camposcuola con i giovani sui passi di don Tonino Bello. Ci sono tanti servizi nella comunità, tante forme anche di carità e attenzione agli altri, ma spesso sono dei servizi erogati, piuttosto che delle esperienze di condivisione fraterna. Diamo un’offerta, diamo una borsa spesa, facciamo formazione spirituale coi ragazzi e gli adulti ma come un compito da svolgere più che un’autentica compassione, un dono fraterno e gratuito. Gesù non da dei servizi ma è servizio: non guarda l’orologio, ma sta fino a sera con le folle, nonostante quel giorno volesse stare un po’ per conto suo a digerire la morte di Giovanni Battista. Lo stile di quel giorno dice qualcosa anche sul modo con cui collaboriamo nei nostri ambienti e con cui guardiamo alla futura riorganizzazione delle comunità cristiane. C’è il prete o il responsabile di un ambito della pastorale che agisce di autorità oppure c’è quello che delega in modo disinteressato: c’è poi il leader che agisce incoraggiando l’autonomia e quello che fa leva sulla propria personalità. Fare Chiesa chiede di saper fare insieme anche quando non serve, come Gesù coi suoi discepoli. Avrebbe potuto fare tutto da solo ma chiede ai discepoli di dare da mangiare alla folla. Avrebbe potuto lasciare fare a loro soltanto invece ci mette del suo, facendo diventare eucaristia un semplice pasto. La Chiesa non è un’organizzazione da far funzionare, un’agenzia di servizi ma un mistero, un insieme di persone che vivono la comunione che nasce dal Vangelo dove non c’è nessuno di necessario, neppure il prete, ma dove tutti sono un dono per vivere la bellezza dell’amore di Dio e manifestarlo al mondo.
– don Silvano, Casa Sant’Andrea