“Mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù, Simeone lo accolse” (Lc 2,27).
Occhi, orecchi, mani e braccia, piedi… come in ogni incontro, così nell’incontro narrato nel Vangelo di oggi ci sono delle persone coinvolte dalla testa ai piedi e la cui esperienza parla anche a noi, raccontandoci qualcosa della fede e della risposta al Signore che ci chiama.
C’è un uomo anziano, un sacerdote del tempio, descritto come fedele al suo impegno, onesto e devoto al Signore, che attende la venuta del Messia. I suoi orecchi, seppure vecchio, non sono sordi, ma disponibili ad ascoltare lo Spirito. Anche i suoi occhi, seppure stanchi, sono ancora vigili: vedono da lontano il Signore, la sua luce che illumina il tempio, il mondo, la vita di Israele. Guardando Simeone scopriamo che la nostra fede ha bisogno di orecchi e occhi per crescere. Anzitutto di orecchi capaci di ascolto delle parole e della Parola di Dio, in profonda sintonia con la voce dello Spirito, attenti ad ascoltare la sua voce piuttosto che le tante voci o le chiacchiere dei cortili del tempio. E poi ha occhi buoni, che vedono la luce vera, che non si chiudono come quando guardiamo il sole, ma rimangono bene aperti a guardare Gesù, pronti anche a lasciarsi bruciare dalla sua luminosità. Anche questi occhi hanno da dire qualcosa a noi che spesso li teniamo bassi per paura, credendo di non farcela ad affrontare la vita e la bellezza di Dio, pensando di poter fare senza, di non aver bisogno della luce del Signore e della sua presenza. Simeone, grazie a questi orecchi e a questi occhi, incontra il Signore, sperimenta la gioia della sua vita, la pace che gli permette di dire: “Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada” (Lc 2,29).
Simeone, ma anche Maria e Giuseppe e l’anziana Anna, ci fanno vedere oggi anche le braccia e le mani, chi per portare, offrire e consegnare al Signore, chi per accogliere e benedire il Signore. La fede è scambio, consegna, dono, offerta: la fede si riceve come dono dal Signore grazie a tante persone che l’hanno coltivata e vissuta, uomini e donne che hanno scoperto il Vangelo e la gioia di viverlo. La fede è consegna di sé, offerta gratuita della propria vita, offerta del proprio figlio al Signore, di ciò che si ha più caro, nella certezza che egli è Vita piena, Luce che fa risplendere ogni bellezza. La realizzazione della propria scelta di vita è così: la scelta vocazionale non è la somma di tanti conti che tornano, ma un dono fiducioso della propria esistenza al Signore e ai fratelli, con la gratitudine di chi ha scoperto di aver ricevuto tutto da loro, tutto da Dio.
Maria e Giuseppe portano Gesù al tempio, ma è proprio vero che loro portano Gesù? “Chi porta chi” al tempio di Gerusalemme? Certo sono i loro passi che si muovono e affrontano la fatica del cammino, ma stanno obbedendo a una Legge, alla Parola consegnata da Dio al suo popolo. È quel bambino che hanno tra le braccia che li porta al tempio, che li fa camminare. Così la nostra vita. quante volte abbiamo l’impressione di essere noi i protagonisti, di essere noi a portare il Signore da una parte all’altra: quante volte “giochiamo” il Signore, coltiviamo l’illusione di fargli fare noi qualcosa, di avere noi in mano la situazione. La verità è un’altra: egli ci guida, egli è la luce che apre la strada, la luce che da forza per il cammino. Lasciamoci cambiare da lui, allora: lasciamoci guidare e portare dalle sue braccia. Camminiamo nel mondo dietro a lui, attratti dalla sua luce. Ritroviamo la gioia di essere discepoli, pronti a seguirlo dovunque egli voglia condurci, certi che sarà verso una luce più grande.
– don Silvano, Casa Sant’Andrea