Non abbiate paura. (Mt 10,26)
La paura è un sentimento che proviamo tutti, un campanello d’allarme che ci chiede di vigilare, ma che talvolta ci blocca: fra tutte le paure, poi, credo abbia una forza tutta particolare quella di soffrire. È davvero tremenda. Ci impedisce di buttarci nelle piccole e grandi avventure, di vivere grandi e piccoli slanci d’amore e generosità, addirittura di rispondere alla chiamata del Signore.
Anche Gesù, come i profeti prima di lui, ha provato paura e la paura di soffrire. Egli, però, ha privilegiato la piena fiducia nel Padre, rinnovando continuamente il suo sì all’amore, all’accoglienza dell’altro, all’annuncio della Parola, al dono di sé.
In lui ogni discepolo può affrontare le proprie paure, anche le più tremende, anche quelle che imbrigliano il cuore, che lo frenano dal dire con le parole e i gesti la fiducia che lo abita dentro, la fede che lo anima e che cerca ogni giorno. Possiamo dire apertamente chi siamo, possiamo dire con coraggio le parole e la Parola agli altri, certi che il Signore ha a cuore la vita del povero più dei passeri che volano nel cielo.
In questi giorni sono a Palermo con i giovani della comunità vocazionale del Seminario per conoscere il beato padre Pino Puglisi. Anche lui, a un certo punto, ha provato paura per sé e per gli altri. Lui, che di solito teneva la porta di casa sempre aperta, a un certo punto ha impedito ai suoi collaboratori e amici di andare a trovarlo a casa, temendo che i mafiosi se la prendessero anche con loro. Non ha smesso tuttavia di vivere la sua fede, il suo ministero, continuando sino all’ultimo a sorridere alla vita, anche a coloro che lo hanno aggredito e ucciso. Il suo sorriso non era frutto di incoscienza o di spavalderia, ma di amore vero, di chi sa vedere oltre, di chi ha fede in colui che è più grande di quanti possono uccidere il corpo, ma non l’anima.
Il Signore ci aiuti a credere e ci incoraggi a sorridere anche di fronte alla paura, a chi o a ciò che ci fa paura, certi che c’è sempre una possibilità per amare e donare noi stessi.
– don Silvano, Casa Sant’Andrea