“Non abbiate paura” (Mt 10,26).
«Hai paura?». L’ultima volta che ci è stata rivolta una domanda così probabilmente abbiamo provato un po’ di imbarazzo. Nella nostra cultura il provare paura è spesso sinonimo di debolezza, di imperfezione, di poca bellezza. Ma siamo così sicuri che consista nella perfezione la bellezza, che sia questa la bellezza a cui siamo chiamati? Chi approfondisce il valore delle emozioni, sa che la paura non è uno sbaglio di cui vergognarsi, ma una delle tante nostre reazioni dinanzi al pericolo o a ciò che ci sembra tale. La paura ci avvisa che c’è in gioco qualcosa di importante per cui è necessario vigilare, che c’è un dono prezioso da custodire. Fa paura qualcosa di brutto o di grande che ci sembra fuori portata, oppure qualcosa che non conosciamo, tipo il virus di questo periodo, oppure la violenza, quella fisica oppure quella fatta di parole, sguardi, indifferenza. Talvolta, però, questo campanello d’allarme acquista una grande forza dentro di noi, tanto da bloccarci o farci scappare o, più spesso, farci vivere sottotono, in costante difesa da possibili attacchi, con gli occhi bassi e sospettosi, con il freno a mano tirato.
Se ascoltiamo la nostra coscienza, però, avvertiamo in più occasioni emergere con forza anche il bisogno di dare ali alla fiducia, al nostro essere nel mondo. Se ascoltiamo il silenzio si alza la voce del Signore che ci ricorda chi siamo davvero: figli di Dio, amati, amabili, capaci di amare. Questa parola non toglie dal cuore la paura e nemmeno gli ostacoli o i fantasmi, ma ci chiama alla libertà, ad affrontare con mitezza e coraggio le difficoltà e i pericoli, alla fede che il Signore è con noi, che magari “non è fedele ai nostri desideri, ma è fedele alle sue promesse” (don Tonino Bello) e seppure con modi che noi temiamo non permette che ci accada nulla di male. Non soltanto: la parola del Signore ci annuncia che accanto a noi c’è una comunità, persone fragili come noi che spesso temono di non farcela ma con cui possiamo condividere il cammino e sostenerci, piuttosto che giudicarci oppure scoraggiarci o farci lo sgambetto. “Non abbiate paura degli uomini” sono le parole che Gesù dice ai dodici dopo aver ricevuto l’incarico di prendersi cura della folla stanca e sfinita. Non ha detto un “non temete” generico o “non temete nulla”, ma “non abbiate paura degli uomini”, come dire “riconoscete che gli altri, anche se potenti o ricchi o studiati… sono fragili e talvolta impauriti come voi”, ma anche “riconoscete che siete nelle mani sicure di uno più grande degli uomini, il Padre che è nei cieli” e potete prendervi cura degli altri.
Ascoltando Gesù possiamo oggi non temere anzitutto gli uomini che… siamo noi stessi. Siamo proprio noi molte volte gli uomini che intimoriscono il nostro cuore, che gli chiudono delle possibilità creando inutili fantasmi, alzando muri che sembra impossibile valicare, spegnendo la speranza nelle scelte che sappiamo essere buone e vorremmo compiere. Nella parola di Gesù, però, scopriamo che vale la pena fidarsi del Padre più che di noi stessi, di lui che ci conosce più di quanto non ci conosciamo noi: con lui possiamo affrontare le nostre inquietudini, le incertezze sul domani e deciderci.
Insieme, poi, possiamo non avere paura della società, delle persone che vivono negli ambienti che anche noi frequentiamo e credere che “siamo sulla stessa barca” come ci hanno fatto prendere coscienza questo tempo e le parole di papa Francesco nella Veglia a Piazza San Pietro il 28 marzo scorso. Non guadagniamo nulla a vedere dovunque dei nemici del nostro stile e delle verità in cui noi ci riconosciamo o nel contrapporci a chi ha una fede diversa dalla nostra o non crede: quelle persone concrete che vivono nel nostro stesso territorio, lavorano o studiano dove ci siamo anche noi, sono la folla stanca e sfinita, la messe abbondante a cui ci invia il Maestro per farci fratelli nel cammino.
Nuova, soprattutto, può essere la fiducia nei fratelli più fragili, nelle persone provate dalla vita, chiunque esse siano: fragili come loro, possiamo non avere paura delle persone ammalate, di quelle più deboli e scomode, di quelle che anche l’emergenza sanitaria ha reso più povere e vulnerabili e con loro riscoprirci umanità.
Il cammino umano non è semplice: la vita a volte è impegnativa e con alcuni sembra avercela più che con altri. Così pure la vita del cristiano: la fede non è un vaccino che preserva dalle malattie, dalle ingiustizie, dalla povertà e a volte può chiedere di affrontare delle persecuzioni. Tutto questo però possiamo affrontarlo nella certezza della presenza di Dio e dei fratelli accanto a noi. Il Padre ha cura di ogni passero del cielo, uccelli che secondo noi non sono particolarmente nobili, e ha cura di ogni nostro capello, come non avrà cura di me e di te, di tutti nel momento del pericolo?
– don Silvano, Casa Sant’Andrea