“Perché fate questo?” (Mc 11,3)
Gesù sta arrivando a Gerusalemme ed è consapevole che i giorni che gli stanno dinanzi sono impegnativi: dinanzi a sé vi è il tempo del dono, il tempo della prova, del rifiuto, ma anche dell’amore manifestato fino alla fine. Dinanzi a questa prospettiva interiormente chiara, Gesù non cambia direzione e non scappa, ma compie i passi necessari per affrontarla e affrontarla da Signore. Manda avanti due dei suoi discepoli a prendere nel villaggio vicino un puledro, cosicché vi possa salire da vero re pacifico che entra a Gerusalemme deciso a manifestare l’amore di Dio, la sua salvezza per tutti, lo stile di Dio che è dono gratuito e generoso in ogni momento. Stupiscono questa chiarezza e determinazione di Gesù dinanzi al proprio futuro: ci stupisce e ci affascina Gesù. Dinanzi al futuro e al domani come dono, noi non siamo così sicuri e coraggiosi. Talvolta fatichiamo a intravedere cosa ci aspetta o dove vogliamo andare: a volte vi entriamo con coraggio, altre volte con disincanto, altre con rabbia, altre… proprio evitiamo di entrarci. Come Gesù possiamo cercare di comprendere cosa ci aspetta ed entrare nel “dopo” salendo su un mulo, in modo pacifico, da re che hanno in mano la propria vita, che entrano nella storia pronti a donare se stessi, ma umilmente, semplicemente facendo dono di sé.
“Perché slegate questo puledro?” chiedono alcuni dei presenti ai discepoli ed essi rispondono ripetendo le parole del Maestro, quasi senza un proprio pensiero o punto di vista. Eppure non sono dei superficiali o degli esecutori servili dei suoi ordini: sono dei discepoli che cercano di stare al proprio posto, consapevoli di non essere il Messia, desiderosi che lui arrivi in città e si manifesti. Certo: non è chiaro fino in fondo che tipo di Messia si manifesterà, ma desiderano che lui avanzi. E così in loro noi vediamo il cammino di ogni discepolo, anche il nostro, contro ogni pretesa di essere noi i protagonisti della scena, gli attori in primo piano del domani di questo mondo. Il domani ci attende, la grande settimana della vita aspetta anche noi, ma da semplici servitori, da umili discepoli che permettono a Cristo di farsi strada e di entrare nel cuore delle persone. Anche il più grande impegno ha soltanto questo mandato: permettere a Cristo di crescere nella vita di ogni persona, la nostra e quella di tutti gli altri, senza chiusure. Ogni vocazione, la feriale chiamata che ci raggiunge in ogni istante come la chiamata ad una particolare scelta di vita, è un invito ad entrare nella vita da semplici servitori della gloria del Signore, un mandato a far crescere la sua presenza nel cuore delle persone, senza protagonismi, senza pretese.
Entriamo con coraggio nella Settimana Santa e nella Santa Settimana della nostra vita: affrontiamo il futuro in cui siamo chiamati a spendere noi stessi con umiltà, senza rubare la scena a Cristo “che viene nel nome del Signore”!
– don Silvano, Casa Sant’Andrea