Questo popolo mi onora con le labbra – XXII domenica T.O. Anno B

“Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me” (Mc 7,6).

Non c’è parola più chiara di quella di oggi, tra quanto il Signore dice ogni giorno alla sua Chiesa. Eppure, a 2000 anni dal primo annuncio, non c’è parola più disattesa. Come un vortice l’ipocrisia attira dentro la Chiesa intera e ciascuno di noi, ci afferra il cuore e lo rende prigioniero. “Ipocriti” ossia “teatranti” è il giudizio che Gesù esprime nei confronti di chi onora Dio con le labbra, ma il cui cuore è lontano da lui. E il teatro c’è davvero nella Chiesa e tra di noi, quando l’esteriorità delle forme, dei modi di fare imparati a memoria ma non autentici, delle cose fatte per non essere giudicati male dagli altri, prende il sopravvento sulla verità del cuore e soffoca ogni slancio di amore.

Com’è difficile vivere la libertà del Vangelo e dell’amore, ma com’è affascinante! Una vita libera dal vortice del se stessi e dell’ipocrisia e aperta al fuori, al mondo, agli altri, è bella e dona felicità. C’è molto più spazio fuori dal vortice, spazi immensi da esplorare e da vivere, persone da incontrare, occasioni in cui inventarsi. La Parola di oggi ci chiama proprio a lasciarci affascinare dalla vastità e libertà del Vangelo, che non vuol dire una vita senza regole, ma un’esistenza in cui ci si inoltra nello spazio ampio del mondo, delle relazioni, dell’impegno creativo, mossi dall’incontro con il Signore e dal suo amore che ci ha toccati, piuttosto che da noi stessi, dalle paure, dagli orgogli. Il vortice dell’ipocrisia, come ogni vortice, afferra con forza il cuore, ci impedisce di scegliere, ci fa andare avanti trascinati a forza senza alcun protagonismo. Pensiamo a un vortice di vento e tempesta: ben ci fa capire quanto sia potente l’ipocrisia. Sembra impossibile poterne uscire. Finché ne siamo presi, però, fuori c’è tutto il resto, c’è l’immensità del mondo in cui inoltrarci con il dono del Vangelo. Fuori ci sono i volti e le storie concrete delle persone con cui condividere la libertà che viene dalla fede nel Signore. Al tempo di Giacomo, come ben esplicita la seconda lettura del giorno, questi volti capaci di affascinare alla vita vera erano le vedove e gli orfani: accanto a loro, oggi, vi sono molti altri, i cui volti, se guardati da fratelli, hanno la forza di strapparci dal turbinio della chiusura e dell’ipocrisia e di inoltrarci nella gioia della carità.

Talvolta il fascino dell’amore non riesce a farci uscire dal vortice del male che ci ha afferrati: solo il Signore, la sua mano potente, è capace di trascinarci fuori. Solo la sua presenza ha la forza di strapparci dai gorghi del male. Invochiamolo, preghiamolo: affidiamogli la nostra situazione, quella chiusura che non riusciamo ad abbandonare. Lasciamoci toccare dal suo perdono, dalla sua presenza che arriva a noi nei Sacramenti e nella carità che ci circonda. Allora riusciremo a fare quel passo capace di portarci alla vita vera, a entrare nella vita dello Spirito.

– don Silvano, Casa Sant’Andrea

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