“Questa parola è molto vicina” (Dt 30,14)
Ci sono molti quadri che raffigurano la parabola raccontata da Gesù in questa domenica (Lc 10,25-37): la scena del samaritano che si piega sul malcapitato è stata rappresentata dal Caravaggio, da Rembrandt, Van Gogh e molti altri e in genere la rappresentazione è della scena vista nel suo insieme dall’esterno. Potrebbe essere interessante, invece, un altro tipo di rappresentazione, più fedele alla pagina ascoltata. Un quadro strutturato a partire dal punto di vista del malcapitato, proprio come nella parabola in cui Gesù risponde alla domanda: «Chi è mio prossimo?», non quindi sguardo esterno e globale ma più particolare e personale.
Trovo interessante questo cambio di sguardo provocato dalla parabola, da Gesù. In fin dei conti in questo cambio di prospettiva troviamo molto della Parola del Signore. La compassione, lo slancio di amore che parte dalle viscere del samaritano, ha luogo proprio perché lui sa mettersi nei panni dell’uomo che si è imbattuto nei briganti e così sente le sue necessità e se ne preoccupa, ci mette del suo come se fosse lui stesso ad aver bisogno di cure. Lo fa lui, uno straniero, e non il sacerdote o lo scriba che, per la loro esperienza di fede, dovrebbero sentire connaturale questo stile. Non è difficile, allora, scorgere nel buon samaritano Gesù stesso: egli è il figlio di Dio che ha avuto compassione di noi e per questo amore viscerale nei confronti della nostra umanità ha fermato il suo viaggio, si è chinato sul mondo, si è fatto uomo ed è venuto tra noi, versando su di noi “l’olio della consolazione e il vino della speranza” (cf Prefazio Comune VIII MR).
Cambiare sguardo è la strada necessaria per vivere la novità del Vangelo. È la scelta preferenziale di Gesù e come discepoli ci sentiamo interpellati a fare come lui: è il modo con cui egli vive, è lo stile di Dio che nell’amore non mette se stesso al centro ma l’altro. Mettersi nei panni dell’altro significa dare valore alla sua esistenza e a quanto vive, alla sua esperienza, al suo punto di vista, significa amarlo nel concreto. Questo impegnativo cambio di posizione chiede una grande libertà da sé, da ciò che si prova e si pensa, soprattutto dai propri schemi rigidi che non permettono alla realtà di toccarci, dai pregiudizi che inchiodano le persone e le situazioni dentro schemi vecchi che non lasciamo spazio alla novità dello Spirito. Cambiare punto di vista è l’inizio dell’amore e una strada aperta alla compassione evangelica, quella di Gesù, che sente le necessità dei fratelli, anzitutto di quelli più trascurati.
In questo tempo estivo, che ci darà l’occasione di incontrare altre persone e situazioni rispetto al solito, apriamoci a sguardi nuovi, a punti di vista diversi: lasciamoci interpellare dall’altro e sentiamo quanto emerge come una realtà che ci appartiene, fino ad assumerne le conseguenze. Così nel vivere l’Eucaristia di questa domenica: evitiamo di vivere la celebrazione dall’esterno, come se fosse un quadro che riprendiamo nell’insieme alla maniera dei grandi artisti. Proviamo invece a viverla da dentro: è l’occasione in cui il Signore e la comunità si piegano su di noi, ci danno tutta la loro attenzione e versano su di noi, mettendoci del proprio, l’abbondanza della Grazia.
– don Silvano, Casa Sant’Andrea