“Udì la musica e le danze” (Lc 15,25)
Della parabola raccontata da Gesù in questa domenica, forse il protagonista a cui pensiamo meno è il fratello maggiore, che appare solo alla fine della parabola. È un gran lavoratore, uno che sta nei campi fino a tardi, che non perde tempo in feste e non spreca soldi. Sembra non abbia un gran rapporto col padre e conosca poco di quanto accade in casa, tanto che prende informazioni da un servo. Soprattutto è un arrabbiato, uno che svolge ogni suo compito, ma privo di gioia e gratuità e appena se ne presenta l’occasione emerge tutta la sua amarezza.
Certo, assomigliamo tanto al figlio minore, ma altrettanto vero è che portiamo in noi i tratti del figlio maggiore. Come lui siamo persone impegnate, dedite allo studio e al lavoro, alla vita della comunità, peccatori che non fanno chissà che cosa o, almeno, pensiamo di essere così. A volte, però, fatichiamo a lasciarci coinvolgere da un rapporto confidenziale e fiducioso con il Padre e coi fratelli, preferendo un atteggiamento distaccato, indifferente, oppure duro e giudicante, che fa crescere la rabbia e toglie la gioia a noi e a chi ci incontra o vive con noi. Dio che accoglie il figlio più giovane e chiede anche al maggiore di vivere da figlio fino in fondo, ci chiede di entrare in casa con lui, a gioire del suo amore, a fare famiglia. Entrare in questa festa, però, è un passo che dobbiamo fare noi, abbandonando lo stile del giudizio, prendendo confidenza con lui e con gli altri, lasciando cadere la durezza e il risentimento, lasciando spazio alla gioia di vivere, di amare e di lasciarci amare.
Ascoltiamo i suoni delle musiche e delle danze che ci chiamano a casa, che ci attirano e ci invitano ad entrare lì dove già vi sono il Padre e i fratelli. Lasciamo decantare i rumori che riempiono il fondo del nostro intimo, per lasciar emergere la musica che domanda pace, risposte per la vita, dialogo e discernimento per compiere scelte di libertà. Ascoltiamo le grida dei popoli che ci interpellano alla compassione, ci chiedono di lasciare i nostri affari e indossare gli abiti della festa per danzare al loro ritmo di vita. Ascoltiamo il silenzio della chiesa e della nostra stanza che ci chiamano ad entrare per stare in intimità con il Signore.
– don Silvano, Casa Sant’Andrea