“Venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato»” – Battesimo di Gesù, anno B

“Venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato»” (Mc 1,11).

Dinanzi a un genitore che ci mostra con orgoglio la sua famiglia, a un papà che ci presenta suo figlio… nascono in noi diversi pensieri e nel cuore si accendono più emozioni. I legami di famiglia degli altri, se ci prestiamo attenzione, ci riportano nella parte più interiore di noi e risvegliano il nostro vissuto famigliare. È questa anche la “pretesa” buona della festa di oggi. Dio ci mostra, ci manifesta apertamente, che è Padre e ci indica in Gesù il Figlio suo, l’amato, quello in cui ha posto il suo compiacimento e così interpella la nostra vita. Questo mostrarci il Figlio è un annuncio del suo essere famiglia ed è invito a entrare in relazione con la sua casa. Chissà quali emozioni e pensieri risveglia questa parola.

Tutti noi abbiamo il nostro vissuto di famiglia, esperienza che le feste del Natale hanno sicuramente risvegliato e riportato alla nostra attenzione o perché ci hanno dato l’occasione per ritrovarci con le persone care o perché la pandemia ci ha costretti a stare lontani da loro o comunque perché il calore tipico di questi giorni ha risvegliato antichi ricordi. In questi giorni saranno emersi sentimenti d’amore e gratitudine ma anche altri di tristezza, di rabbia o di fastidio e chissà quanti altri ancora. Non tutte le relazioni famigliari sono serene e non tutte le ferite vengono assorbite o recuperate: alcune rimangono nel tempo e spesso induriscono il cuore. La festa di oggi ci chiama a non lasciar perdere questo vissuto, questa storia, se vogliamo vivere la ricchezza dell’esperienza cristiana. Certi della presenza dello Spirito di Dio che dona coraggio e consolazione, siamo chiamati a fare memoria con verità della nostra storia, ad affrontare eventuali conflitti aperti, a riprenderci comunque la gioia di essere figli, fratelli, famiglia: tutto ciò è parte di noi, di ciò che siamo e ha a che fare profondamente con la fede. Oggi siamo chiamati a entrare nella vita di Dio, a sentirci coinvolti dalla sua paternità e dalla fraternità di Gesù. Sono doni che possiamo accogliere al di là della nostra storia serena o ferita, doni gratuiti che portano la salvezza e sono capaci di riconciliarci con la vita, esperienze che non ci lasciano come siamo ma ci provocano a mettere mano alle nostre relazioni con gli altri per compiere dei passi di vera comunione. Sarà difficile lasciarci andare a questo amore se abbiamo un passato irrisolto.

La festa di oggi ci chiama a lasciarci coinvolgere dalla bella notizia che Dio è Padre e che il suo Figlio è tra noi ma anche a vivere la nostra personale dignità di figli di Dio. Nel battesimo di Gesù c’è anche il nostro battesimo: grazie al dono dello Spirito il sacramento che abbiamo ricevuto ci ha resi pienamente figli di Dio; in Gesù ci ha immersi nella dignità di figli di Dio. Questo dono gratuito ci interpella alla responsabilità. Dio non vuole nulla da noi per averci resi figli: lo sappiamo bene dalle pagine del vangelo con cui Gesù ci ha raccontato la sua gratuità e la sua misericordia. Ma come rimanere indifferenti a tanto amore, a tanta dignità? La maturità di un figlio si esprime nel lasciarsi amare dai genitori così come sono, con le loro qualità e i loro difetti e nel rendersi responsabile, a seconda dell’età, del dono ricevuto, della relazione che ha con loro, rispondendo all’amore con altro amore, prendendosi degli impegni concreti, collaborando per la vita della famiglia. Tutto ciò vale anche per la nostra relazione con Dio e con i fratelli che ci ha dato. La festa di oggi ci chiama a passare da una fede vissuta al minimo, tiepidamente, a distanza, che ricorre a Dio soltanto nel bisogno ad una fede viva, una relazione attiva con Dio, che si fa preghiera, fedele e creativa, che ci vede parlare di Dio con la stessa immediatezza con cui parliamo della nostra famiglia e si fa pure testimonianza gioiosa, ci vede compiere gesti semplici nei suoi confronti nello stesso modo con cui manifestiamo le nostre attenzioni verso i nostri famigliari. Oggi siamo pure chiamati a passare da un rapporto con la comunità che ci vede accedere a dei servizi – usufruiamo del servizio della Messa, della Scuola dell’infanzia, della catechesi, dell’animazione estiva – a un’appartenenza, dove ciascuno porta il proprio contributo a seconda delle proprie possibilità, di tempo, di energie, di servizio, di risorse economiche: facciamoci avanti e se già siamo protagonisti attivi creiamo spazio perché nessuno si senta escluso.

Lasciamoci coinvolgere dall’esperienza del battesimo di Gesù, dalla parola che il Padre ci rivolge mentre il Figlio esce dall’acqua e trasformiamo i nostri sentimenti in amore più genuino per il Signore. Ritorniamo oggi con grata memoria al nostro battesimo e diamoci l’occasione di viverne i doni che ci consegna e la possibilità che ci offre per essere pietre vive nella comunità figli e fratelli nella medesima famiglia.

– don Silvano, Casa Sant’Andrea

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