“E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù” (Gv 1,37).
Sono entrato in Seminario a 16 anni e negli anni del seminario Maggiore ho vissuto tre diverse esperienze pastorali in altrettante parrocchie nei fine settimana. Da prete poi, sono stato prima viceparroco, poi educatore in Seminario e poi ancora parroco per alcuni anni. Infine sono tornato in Seminario come educatore nella Comunità vocazionale.
Non è per presentare il mio “curriculum vitae” che scrivo questo, piuttosto per dire che accanto alla ricchezza di esperienze diverse, che riconosco essere stato un bene, motivo di crescita e felicità, c’è stato un altrettanto ricco numero di distacchi e separazioni, dalla famiglia, dagli amici, dalle persone incontrate nelle diverse realtà: fatica di dire addio, ma anche gioia e riconoscenza per le tante occasioni di vita e di fede.
Occasioni di vita, anzitutto: come dopo nove mesi è necessaria la nascita del bambino per il bene della madre e del suo piccolo, così per crescere talvolta c’è bisogno di staccarsi e di aprirsi agli altri, di nascere ad altre relazioni.
E occasioni di fede: sperimentando il distacco dalle persone, per chi ha fede in Dio, per chi riconosce il senso della propria vita in Gesù, si affaccia l’occasione per ancorarsi ancora di più a lui, per riconoscerlo come unica persona necessaria con cui mantenere un legame che supera il tempo, i luoghi, la morte e pure i conflitti.
Tutto questo acquista particolare valore alla luce del Vangelo di questa domenica che ci fa vedere Andrea e l’altro discepolo staccarsi dal Battista e lasciarlo lungo il Giordano per seguire Gesù. Il racconto secondo Giovanni ci fa incontrare gli occhi di due giovani maturi, capaci di fare la scelta giusta anche se sappiamo essere impegnativa, quella cioè di lasciare il maestro che li aveva accompagnati per seguire un’altra persona, Gesù, quel Maestro per cui era venuto anche Giovanni. Due giovani maturi, capaci di scegliere, di lasciare Giovanni ora che si presenta l’occasione per stare con l’Agnello di Dio. Intravediamo poi, due giovani credenti che raccolgono le ansie del popolo di Israele che attende il Messia e per fede seguono Gesù, riconoscendo Colui che può dare senso alla loro attesa e alla loro vita, risposta alle loro domande, amore alla loro persona.
Alla luce di questa Parola possono trovare significato tutti i nostri distacchi, di oggi e di domani: essa può essere l’occasione per rileggere, verificare e orientare le nostre esperienze di allontanamento. La nostra vita presenta continuamente occasioni di distacco, ma come le viviamo? Le subiamo o le scegliamo? Sono una fuga o un’occasione di vita piena, per camminare meglio con le nostre gambe?
Il distacco talvolta può fare male, ma può anche essere necessario oppure fisiologico.
Può fare male quando diventa mancanza di rispetto, oppure fuga dalle persone e dai nostri compiti.
Può essere necessario quando certi legami non ci fanno vivere, imbrigliano la nostra umanità, la nostra vocazione (il legame con la madre per un giovane sposo, se è troppo forte è un male; un legame ambiguo con un’altra donna o con un altro uomo per chi è già sposato non è certo qualcosa che fa bene al matrimonio)…
Può essere anche fisiologico quando la mia persona cresce e certe relazioni ci lasciano piccoli, non ci permettono di crescere (è necessario che un giovane diventi autonomo dai genitori; è necessario che un ragazzo di 30anni studi non con il sussidiario delle elementari, ma con un libro più impegnativo)…
Il distacco però è anche esperienza da vivere nella fede.
Noi viviamo tante relazioni: amicizie, rapporti di lavoro, legami familiari… Tutti questi rapporti sono un bene, la realtà che ci è chiesto di coltivare e dentro la quale possiamo vivere la nostra umanità. Con un filo rosso, tuttavia, siamo chiamati a cucirli insieme. Il filo rosso della nostra relazione con Gesù, del nostro rapporto con il Signore, l’unico con il quale possiamo stringere una relazione che è per sempre, l’unico che sempre fa del bene alla nostra persona. Non si tratta di avere poca cura delle relazioni con gli altri piuttosto di avere chiara dentro di noi la verità che la relazione che dà significato a tutti i nostri rapporti, li recupera e valorizza pienamente è quella con Gesù Cristo, l’unica persona fedele per sempre, il risorto che vive oltre la morte, la Misericordia che supera ogni mio limite e peccato.
Quanti Giovanni abbiamo lasciato lungo le rive del Giordano e quanti ne lasceremo: a loro la nostra riconoscenza per quanto ci hanno donato. Quante persone ora accanto a noi, che il tempo ci toglierà, perché nessuno e niente è eterno: a loro tutto l’amore che possiamo, un amore puro, libero, sincero. Dinanzi agli occhi, però, c’è Gesù, il Signore che siamo chiamati a seguire da vicino, l’unico per il quale vale la pena di investire tutta la vita.
– don Silvano, Casa Sant’Andrea