Terza domenica del tempo ordinario – Anno B
“Essi lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui” (Mc 1,20).
Abbiamo appena terminato l’ascolto del Vangelo lasciando un papà sulla riva del lago, lasciando un pescatore proprietario di una ditta a conduzione familiare con alcuni garzoni i cui figli mollano tutto per seguire uno sconosciuto. Si chiama Zebedeo: i suoi due figli Giacomo e Giovanni chiamati da Gesù a seguirlo lasciano le reti, la barca e lui e vanno subito via con lui. Per sempre.
Non ci prende un velo di tristezza nel ripensare a questa situazione? Chissà quante attese aveva riposto Zebedeo su quei due figli, quanti sogni… Gesù nemmeno parla con lui, non gli rivolge neanche un saluto o una chiamata: parla solo con i suoi figli. Una famiglia si spezza e Zebedeo lascia fare, sta in silenzio, forse disorientato o arrabbiato?
Una riflessione più profonda, però, ci fa scoprire che anche Zebedeo è raggiunto dal Vangelo, dalla novità del Regno portato da Gesù, che il Vangelo, il seguire Gesù, ci può raggiungere in tanti modi, più o meno diretti. Anche Zebedeo è chiamato ad accogliere la novità del Vangelo.
Proviamo ad entrare nel cuore di Zebedeo, allora, per fare posto al Vangelo da questo punto di vista.
Siamo con lui nella barca. Siamo pescatori, capi di una piccola impresa: con noi lavorano i figli, alcuni garzoni, giovani dipendenti. Passa Gesù e, senza dire nulla, chiama proprio i nostri figli ad abbandonare il lavoro e noi per seguirlo, ad abbandonare la certezza di un lavoro pur faticoso, una casa e una famiglia per andare con uno sconosciuto che annuncia un Vangelo.
È dura permettere questo distacco. È difficile capire e accettare un’esperienza così in casa propria; è uno sconvolgimento per tutti i nostri progetti, i nostri sogni, i nostri schemi… Comprendiamo, così, più in profondità cosa ci chiede oggi il Signore chiamandoci ad accogliere il suo Regno e a seguirlo.
Accogliere il Vangelo e seguire il Signore significa permettersi un cambiamento nella propria vita, permettere un distacco, mettere al primo posto uno sconosciuto e non noi stessi, i suoi sogni e progetti e non i nostri. Seguire il Signore, accogliere il suo Regno, non è un’esperienza di tradizione familiare o un affare culturale, di territorio, ma accogliere una chiamata personale e radicale a stare con lui, anche lasciando persone, cose, atteggiamenti, abitudini, seppur buoni, fino ad ora portati avanti e seguirlo con lo stesso slancio dei primi discepoli.
La più grossa difficoltà, allora, non è partire, ma prima ancora, permetterci di farlo, ossia pensare che si possa fare. A volte, i cambiamenti nella nostra vita non avvengono perché non ce lo permettiamo, ce lo vietiamo: nei nostri schemi rigidi non permettiamo alle novità di farsi spazio. “Si è sempre fatto così”, “ho sempre fatto così e ancora sarà così” è il ritornello che ci accompagna e ci rassicura. Ci sembra troppo pericoloso cambiare: abbiamo paura di perderci e allora preferiamo fare tutto come sempre, “pulire le reti come tutti gli altri giorni”, convincendosi che come facciamo è l’unico modo possibile e buono di vivere.
Zebedeo, però, ci insegna che certi permessi possiamo darceli, che possiamo fare posto al Signore nella nostra vita, ai suoi sconvolgimenti, e che tutto questo è una buona e bella notizia, il “Vangelo” per noi.
Che cosa può aiutarci, allora, ad essere come il padre Zebedeo?
Oggi il Signore ci chiama ad accogliere con fiducia il Vangelo, prendendolo come notizia bella e buona per noi, come notizia che vuole portarci dentro alla vita vera.
Oggi il Signore ci chiama a riconoscere il limite delle tante cose, anche buone e meravigliose, che abbiamo e facciamo, fosse anche la nostra famiglia, fosse anche il percorso fatto fin ora magari con tanta fatica.
Oggi il Signore ci chiama ad avere fiducia, in lui e negli altri, a tralasciare i nostri pregiudizi per incontrare davvero lui e ogni persona, ad accogliere gli altri nella gratuità e nella libertà, certi che l’altro, credendo nelle sue buone intenzioni, provando quello che di buono ci propone, superando anche di volontà le resistenze che sappiamo farci del male.
Come Zebedeo tralasciamo la chiusura, il pregiudizio, la paura, la tristezza o la rabbia dinanzi alle chiamate del Signore e apriamoci al Vangelo, alla sua novità con cuore aperto, subito.
– don Silvano, Casa Sant’Andrea