“Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro” (Lc6,36).
“Il dono delle lacrime, la consolazione delle lacrime”. Sono parole che negli ultimi anni abbiamo ascoltato da papa Francesco, ma anzitutto di Sant’Ignazio di Loyola (1491-1556), il fondatore dei gesuiti, che nella sua esperienza ha riconosciuto nelle lacrime e nel pianto, una delle tappe del cammino della fede e di chi compie gli Esercizi spirituali.
Forze queste frasi ci sembrano contraddittorie. Per noi il pianto è anzitutto un segno di sofferenza, di una ferita che sanguina e vorremmo evitare: per questo maestro spirituale, invece, le lacrime sono una consolazione e, quindi, un dono, ossia un piacere, una lieta esperienza.
D’altra parte, Sant’Ignazio si riferisce a delle lacrime particolari, quelle che sgorgano dal cuore di chi, camminando nella fede, giunge a fare esperienza forte, chiara e intensa dell’amore e dell’amore di Dio. Le lacrime di cui lui ci parla, sono quelle che sgorgano da un cuore che si sente amato da lui incondizionatamente. Sono lacrime di gioia, che sciolgono la paura, la rigidità del cuore, che purificano tanti errori e peccati, che nascono liberamente, da un cuore che si sente amato così com’è, senza meritarselo, smisuratamente.
Parlo di queste lacrime perché mi sembra siano una porta di accesso all’amore vero, quell’amore che, quasi confidenzialmente, oggi il Signore ci indica.
Egli ci invita ad amare con lo stesso amore di Dio che è misericordioso: ci chiede di amare oltre la misura del giusto, del dovuto, anche quando costa, avendo misericordia anche dei nemici, come Davide nella prima lettura. Ebbene, questa proposta è dura, impegnativa e credo possa nascere soltanto da un cuore che ha scoperto l’amore, che si percepisce oggetto di attenzioni costanti, trabocca di tenerezza e avverte che nella sua vita non può fare altro che voler bene. Amare l’altro alla maniera di Dio, con sua stessa misericordia, è possibile per chi ha scoperto questo amore e la sorgente dell’amore, Dio: è possibile per chi ha scoperto di essere amato da Dio sino alle sue ultime fibre, sino angoli più nascosti e bui.
Le lacrime, così come ce ne parla Sant’Ignazio, sono il segno di questo passaggio necessario. Lacrime di gioia, di fede, di commozione, di consolazione di chi si riconosce amato così com’è, sono capaci di sciogliere le durezze del cuore, ci rendono più umili e semplici, meno ingessati e indifferenti, attenti all’altro, alle sue fatiche, alle sue più profonde necessità. Queste lacrime, ci rendono capaci di donare, ci aprono alla fiducia, alla gratuità, alla tenerezza, al perdono…
Più che mai, oggi c’è bisogno di questo pianto e, allo stesso tempo, c’è tanta aridità di queste lacrime. Avvertiamo crescere l’astio, la durezza verso gli altri, il rifiuto, il conflitto, come se gli altri fossero tanti nemici. Anche tra noi credenti, tante volte sembra si sia perduta l’umanità delle relazioni, degli sguardi e delle parole. Forse abbiamo bisogno anche noi delle lacrime capaci di sciogliere la durezza del cuore, di di invocare dal Signore la consolazione del pianto di chi si abbandona alla fede e scopre la gioia dell’amore di Dio. Anche noi abbiamo bisogno delle lacrime di chi si sperimenta amato così com’è e immeritatamente, di chi sente la sofferenza dell’altro, chiunque esso sia e non disgiunge le parole della fede da quelle della vita di ogni giorno, della politica, dei propri bisogni, del proprio impegno.
Invocare il dono delle lacrime, significa rivolgerci a Dio con tanta fiducia e pazienza, perché la conversione non è mai automatica, non va a bottone, ma arriva un po’ alla volta come dono gratuito, come grazia che sorprende e disarma. Il Signore ci sorprenda con la grazia delle lacrime e ci doni di riconoscere in ogni persona un’occasione per amare come lui.
– don Silvano, Casa Sant’Andrea