“Fate tutto per la gloria di Dio” (1 Cor 10,31).
“Non è così importante concentrarsi e domandarsi perché vivo, ma per chi vivo”. È questa una delle grandi domande che papa Francesco rivolge ai giovani quando li incontra. “Per chi vivo” è una domanda profonda e centrale. “Per chi” è diverso da “per che cosa”: indica delle persone, non delle cose o delle idee. E così questa domanda ci fa prendere coscienza che si vive davvero quando si ha una meta, un orizzonte e che la prospettiva che fa vivere è quella della relazione con qualcuno, non tanto o solo con qualcosa. Le cose, tutte, anche le più necessarie, non hanno la capacità di realizzare la nostra esistenza: sono importanti come semplice strumento per arrivare all’altro, così pure i nostri discorsi, le nostre regole, i nostri valori. Tutto serve a realizzare un “vivere per”, unica realtà che fa la differenza ed è capace di dare speranza al cuore.
Paolo offre una risposta alla nostra domanda di partenza: “fate tutto per la gloria di Dio”. E poi aggiunge: “perché (molti) giungano alla salvezza” (1Cor 10,32). Egli sente necessario vivere per Dio, per la sua gloria e per il prossimo. In queste relazioni trova senso, slancio, realizzazione piena la sua esistenza.
Vivere “per la gloria di Dio”.
Al sentire la parola “gloria” probabilmente la nostra mente si popola di immagini di luce sfavillante e dorata, di grandiosità simile a quella che vediamo circondare le personalità importanti in certe occasioni o di cui noi talvolta vorremmo essere circondati. Il linguaggio attuale, poi, ci fa identificare la gloria con la notorietà, il successo, gli onori. Nel pensare a Dio avvertiamo tutta la fragilità di queste nostre immagini. È vero che anche nella Bibbia la gloria di Dio viene a volte raccontata con il farsi presente di un nuvola luminosa, dei tuoni, dei colori e dei suoni,… Va compreso, però, che questi sono modi umani per dire la presenza di Dio, di colui che è da sempre ed è pienezza di beatitudine. Tuttavia, più concretamente, noi abbiamo sperimentato la gloria di Dio nel suo agire nel mondo, nel suo creare ogni cosa, soprattutto l’uomo, e nell’accompagnare lungo la storia il suo popolo. Abbiamo visto la gloria di Dio nel Signore in Gesù, il Figlio che è venuto tra noi per mostrarci il Padre. È l’amore di Dio la sua gloria, il suo essere amore e il suo amarci fino a darsi tutto per farci vivere per sempre.
Vivere per il prossimo, “perché (molti) giungano alla salvezza”.
Paolo scrive a una comunità di persone in cui ci sono gruppi che si contrappongono pensando tutti di avere la verità. C’è il gruppo dei Giudei, con le proprie tradizioni religiose, quello dei Greci, con la propria cultura, e c’è la Chiesa che egli chiama a vivere la novità della comunione, facendosi attenta alle necessità degli altri piuttosto che alle proprie, senza dare motivo di scandalo a nessuno. Che cosa è davvero importante? Che ogni gruppo, ogni persona, tutti possano giungere alla salvezza, ossia partecipare della gioia del Vangelo, vivere la gioia della fede, affrontare l’esistenza insieme a Cristo e ai fratelli.
Vivere significa mettersi a servizio di Dio e degli altri: è questo ciò realizza al meglio un’esistenza. Ma com’è difficile. Siamo spesso avvitati su noi stessi, su ciò che ci piace, sui nostri diritti, sul ricevere piuttosto che sul donare. Ci entusiasmiamo per cose che fanno crescere il nostro benessere o ci illudono di questa prospettiva, per poi accorgerci che il piacere non ci basta per vivere. Ci accendiamo per grandi ideali, per grandi questioni ma ci accorgiamo che a volte mettiamo tanta passione nelle cose perché ci aspettiamo che dal raggiungerli o possederli arrivi maggior sicurezza pe noi. Vivere significa appassionarsi per Dio, non perché lui ne abbia bisogno ma perché è il valore più grande, la presenza più bella, l’unica realtà necessaria. Vivere significa amare Dio con la sua stessa gratuità, con la sua stessa generosità, attenzione e dedizione. Vivere significa accendersi per gli altri, per le loro e non le nostre necessità, essere per gli altri e non contro. Sono anche loro, insieme a me, la gloria di Dio: “la gloria di Dio è l’uomo vivente” scriveva Sant’Ireneo. Anche un lebbroso, come ci mostra Gesù nel Vangelo di questa domenica (Mc 1,40-45). Dio e il prossimo sono i criteri per verificare ogni scelta perché sia autenticamente evangelica, consapevoli che l’uno non esclude mai l’altro.
– don Silvano, Casa Sant’Andrea