Cammino a due, anzi tre. Si conclude il corso triennale per accompagnatori spirituali vocazionali di giovani e adulti

Dalla Difesa del Popolo

«Felici della propria scelta per mettersi accanto agli altri. Con il Signore»

Felice chi ha le tue vie nel suo cuore”: questo lo sfondo, tratto dal salmo 84, del corso base triennale per diventare accompagnatori spirituali vocazionali dei giovani e degli adulti, che si conclude questo sabato. Promosso dagli uffici diocesani di Pastorale delle vocazioni e della famiglia e dall’Istituto san Luca per la formazione permanente del clero, il corso era rivolto a laici, consacrati e presbiteri disponibili a condividere il cammino di crescita spirituale dei giovani in ricerca vocazionale, ma anche dei giovani e degli adulti che desiderano vivere la propria vocazione, matrimoniale, religiosa, presbiterale alla luce della Parola di Dio.

«Un percorso sulla scia di alcuni testi di papa Francesco – spiega don Silvano Trincanato, direttore degli uffici diocesani di Pastorale delle vocazioni e della famiglia – che mette a fuoco l’esercizio di discernimento vocazionale dei giovani e della fedeltà degli adulti alla vocazione cui sono chiamati. Le parole del salmo dicono bene qual è l’intento: essere persona che ha sperimentato la felicità della propria scelta a seguito della chiamata del Signore, ma anche mettersi al fianco degli altri perché possano sperimentare a loro volta la presenza del Signore».

Il primo anno ha affrontato il tema dell’accompagnamento dei giovani a discernere la scelta di vita, il secondo il vivere la scelta di vita intrapresa e il terzo il tempo della crisi nella fedeltà alla propria scelta di vita. Un percorso di contenuti e laboratori, testimonianze concrete e momenti di riflessione personale, attento ai diversi carismi e vocazioni nella Chiesa. L’intento era dare ai partecipanti strumenti per il colloquio di aiuto, facendo riferimento anche alla presenza di una comunità umana ed ecclesiale e attingendo alla Scrittura come fonte di rilettura del proprio vissuto o per impostare la propria vita.

«Ora il mio modo di fare servizio è un po’ cambiato – racconta don Sebastiano Bertin, vicario parrocchiale a Montegrotto, Turri e Mezzavia, fra i partecipanti al corso – Sentivo l’esigenza di avere strumenti in più. Ci sono ragazzi che si avvicinano per un accompagnamento vero e proprio, altri con cui si parla di cose personali e profonde e non si possono “inventare” delle risposte. Le tecniche di ascolto attivo ed efficace aiutano a dare un rimando delicato, non indirizzare ma accompagnare, non essere giudicante, non indagare, utilizzare sfumature diverse nelle parole per non essere troppo diretti, ma per accogliere».

Una buona opportunità per chi opera nella pastorale giovanile o della famiglia, un’occasione che è formazione personale, ma anche in preparazione a un servizio da svolgere. «Il primo lavoro da fare – sottolinea infatti Michela Carraro, che ha partecipato al percorso – è su se stessi. Perché sono stata chiamata o posso essere chiamata anch’io? Prima di tutto riscopro alcune risposte personali. Non posso dire a chi mi è davanti la Parola di Dio se prima non ne ho esperienza io. I passaggi principali messi in luce dal corso sono proprio l’ascolto e il riscoprire se stessi alla luce delle Scritture. Nella commissione preparatoria al Sinodo diocesano, di cui faccio parte, la capacità di ascolto e di aiutare le persone a esprimere al meglio il bisogno che hanno di ricerca è essenziale».

«Il lavoro non si fa mai a due – conclude suor Luciana Giacobbe, delle Clarisse di Montagnana, anche lei fra i partecipanti – ma a tre, con il Signore che dà fiducia. Il percorso mi sta accompagnando nella vita di comunità con le altre suore, ma anche nell’accogliere le persone che vengono da noi. Una persona può accompagnare nella misura in cui ha fatto un cammino interiore con tutte le fatiche dei passaggi obbligatori che ci sono nella vita».

Sentinelle

«Il prossimo anno lanceremo il percorso insieme anche alla Pastorale dei giovani – afferma don Trincanato – Ci sembra adatto alla formazione dei testimoni nel cosiddetto Progetto Simbolo. Chi ha fatto il percorso può diventare, nel territorio, una presenza attenta per accompagnare le domande vocazionali, ma anche avere uno sguardo vigile sulle persone, anche su quelle un po’ nascoste, ma bisognose di una parola, di un dialogo. Mentre per il consacrato l’accompagnamento spirituale è qualcosa di ben definito, per il laico non è così scontato. In realtà ci sarà sempre più bisogno di questo spazio, anche nella quotidianità. Il laico può diventare sentinella attenta nella comunità».