«Alzatevi e non temete» (Mt 17,7).
“Dal momento in cui la peste aveva chiuso le porte della città,
non erano più vissuti che nella separazione,
erano stati tagliati fuori dal calore umano che fa tutto dimenticare.
Con gradazioni diverse,
in tutti gli angoli della città,
uomini e donne avevano aspirato a un ricongiungimento
che non era, per tutti, della stessa natura,
ma che, per tutti, era egualmente impossibile”.
(Albert Camus, La peste)
Sono ormai più settimane che l’emergenza del coronavirus ci costringe a fare i conti con delle restrizioni che ci obbligano a cambiare stile di vita: non vediamo l’ora di tornare ad una normalità e ritrovare le nostre piccole e grandi certezze. Il continuo spostamento in avanti di una data in cui si possa tornare a una parziale normalità con la scuola o la vita parrocchiale, sembra dirci che questo tempo non va soltanto vissuto in attesa che passi, ma come normalità con cui fare i conti. Questo tempo ci sta educando ad una normalità diversa, dove non tutto è a nostra disposizione. Ci chiama a sentirci solidali con quanti vivono la “normalità” della guerra, della fuga, della malattia, dell’isolamento, della libertà limitata, a vivere in comunione con loro, rompendo la bolla del nostro individualismo. Ed ecco il dono della Parola di Dio di questa domenica. Il Signore ci porta con sé sul monte a piccoli gruppi, senza assembramenti, e ci dona un’esperienza di luce per farci vedere la verità delle cose, confermare la nostra fede, incoraggiarci ad essere fedeli alla sua parola, e poi tornare con noi dentro alla vita con le sue complessità e insieme compiere il cammino verso la terra promessa. Il vangelo di oggi è un dono che può aiutarci a ritrovare il nostro posto dentro all’emergenza di questi giorni, insieme ai tanti che vivono emergenze anche più lunghe delle nostre.
La trasfigurazione di Gesù non cambia la realtà: così non è stato per Gesù e per i suoi discepoli e così non è per noi, ma ci regala di vedere la realtà oltre le apparenze, nella sua verità più profonda. Questa Parola ci chiama ad andare oltre la scorza degli eventi, oltre i fastidi delle restrizioni, oltre la frustrazione di non poter fare ciò che vorremmo, per riconoscere che nel profondo della vita c’è una certezza di luce e di relazione d’amore. La realtà, oltre la sua scorza, è un mistero di luce. Nel mondo è presente Dio, il Dio fedele che ha chiamato e fatto uscire Abramo dalla terra di morte e lo ha accompagnato alla terra promessa e dato a lui una discendenza. Il mondo è sostenuto dal Dio della storia, da colui che ha inviato Mosè, Elia e il Figlio suo che oggi vive Risorto. Il mondo è nelle mani di Dio che è amore: è Padre e Figlio, uniti in un amore infinito che possiamo contemplare e a cui ci è dato di partecipare, di entrare. Queste certezze non tolgono la drammaticità della storia, della nostra emergenza e delle tante emergenze, anche più gravi, presenti nel mondo. Tuttavia, è grazie a queste che noi viviamo: è grazie a queste certe sorgenti di vita che le forze per affrontare il quotidiano non vengono meno. Saperci parte del mistero di Dio e vivere dentro a questo amore ci permette di andare verso la terra promessa insieme ad Abramo. La luce che ci avvolge sul monte dona una serena compagnia che ci rende responsabili gli uni degli altri.
Asia Bibi, una cristiana del Pakistan rimasta in carcere 3422 giorni perché accusata blasfemia, racconta: «Il terzo giorno dopo la mia condanna, mentre pregavo, un uccellino è venuto a posarsi sul davanzale della finestra della mia cella e mi ha guardata. Io gli ho domandato: “Ti ha mandato Dio?”. Poi se n’è andato, ma è tornato ogni giorno per tre anni. Avevo l’impressione che mi parlasse ed è stato per me simbolo di speranza. Ho pregato molto durante tutta la mia detenzione. Sola nella mia cella, mi immaginavo Gesù e gli parlavo. Gli chiedevo di liberarmi. Questo legame mi ha dato forza e speranza. Ho sempre pensato che la giustizia avrebbe trionfato e che sarei stata liberata». Anche noi come Asia siamo chiamati a coltivare la speranza: il vangelo di oggi è proprio un’esperienza che la viene a rinnovare e sostenere e che possiamo custodire con la preghiera per non perdere di vista la luce che c’è oltre le tenebre, per chiedere a colui che tutto può di sperimentare la liberazione insieme a tutti coloro che vivono nell’emergenza e, soprattutto, per affrontare con fede il nostro impegno quotidiano.
– don Silvano, Casa Sant’Andrea