«Andiamo di nuovo in Giudea!» (Gv 11,7)
Facciamo esperienza talvolta di come i nostri buoni propositi lascino il tempo che trovano, ossia di come dinanzi alla difficoltà lasciamo tutto, molliamo la presa. Ci sono attorno a noi, però, persone capaci di amare anche rischiando, anche mettendo in conto il perdere. Come non pensare a tanti medici e infermieri che in questo tempo si dedicano senza sosta a curare quanti sono stati contagiati dal covid-19? Come loro, poi, tante altre persone generose che si spendono in casa, nella comunità, accanto ai più poveri… pur dovendo soffrire, persone che amano anche sopportando la fatica e magari con pace e serenità, desiderose solo di amare e niente più.
Così Gesù. Lo vediamo oggi accanto all’amico Lazzaro morto ormai da alcuni giorni. È lì, ma quella sua presenza gli è costata cara. Sa bene di essere in un territorio ostile. Se ne era andato da quei luoghi scappando dalle mani dei giudei che lo volevano uccidere e ora torna indietro, affronta il rischio della morte pur di andare a trovare i suoi amici nel momento del bisogno, pur di ridonare la vita a Lazzaro, pur di manifestare che egli è la vita e la risurrezione. Quelle parole che dirà in un’altra occasione: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici” (Gv 15,13) diventano già vere oggi: è lui il primo a viverle, a renderle concrete. Egli è davvero amico di Lazzaro e lo ama così tanto da mettere a repentaglio la propria vita. Non vuole che Lazzaro si perda per niente al mondo e rischia anche di essere ucciso pur di ridonargli la vita e di compiere un segno che porterà molti alla fede, un segno che parlerà a molti del Padre suo.
Così con noi. Egli ci ama e non vuole che nessuno di noi si perda: ascolta il grido di chi lo invoca, di chi, come il salmista grida dal profondo e non ritiene esagerato perdere la sua vita pur di recuperarci: ci ama e non ci lascia perdere per nulla al mondo, viene in nostro aiuto sino ad accettare la morte. Com’è inquietante la morte: turba il nostro cuore. La morte di una persona cara, di un parente o di un amico fa sorgere dentro di noi tante domande, tanti dubbi e paure. Pensare anche alla nostra morte ci fa paura e la rifiutiamo così tanto da rifiutare anche l’amore quando ci chiede di morire a noi stessi. Ma come mai questo timore? La morte assomiglia a un nemico, l’ultimo nemico, un nemico inafferrabile, imprendibile, che è impossibile sconfiggere. La certezza però che Gesù è capace di rischiare pur di salvarci, di toglierci dall’abisso della morte ci apre alla speranza e fa crescere la nostra fede che la vita è più forte della morte. La certezza che Gesù è nostro amico ed è capace di rischiare la vita per noi ci dice che la nostra esistenza è preziosa e che non andrà perduta con la morte. Dinanzi a questo Vangelo si accende la nostra fede in Gesù, si riaccende la nostra amicizia verso di lui. Quella morte che ci fa paura, anche in questo periodo di emergenza, e che teniamo lontano dal nostro sguardo, dal nostro pensiero, quella morte che noi avvertiamo come nemica, cambia dentro di noi e magari con Francesco d’Assisi riusciamo a chiamarla “sorella”, riusciamo a darle del tu, a familiarizzare con lei, a proviamo ad attraversarla, certi che Gesù è la vita e la risurrezione.
Ultimamente sono venuto a contatto con una vicenda che ben si inserisce in questo modo nuovo di vivere la morte. Ho telefonato a una persona che ha la mamma malata di tumore e che ormai è alla conclusione dei suoi giorni. Gli ho chiesto come sta e se la mamma è a conoscenza della sua situazione. Mi ha detto di sì. Anzi, mi ha parlato di come sta vivendo questi giorni e diceva: “Sai. Mi ha detto di aver molte cose da fare in questi giorni. Gli ho chiesto quali cose e lei mi ha risposto che vorrebbe tanto vedere tutti noi, io e i miei fratelli: desidererebbe parlarci perché ha delle cose importanti da dirci. E poi vorrebbe scegliere insieme a noi le letture del funerale che spera di poter fare senza le restrizioni di qeusto periodo”. Non capita tutti i giorni di sentire parole e vicende come questa. Quella donna diventa per noi un esempio di cosa significa toccare con mano che Gesù è davvero nostro amico, per cui non c’è nulla da temere per la nostra vita. Auguriamo questa pace anche alle tante persone che non hanno nessuno accanto a sé nel momento della morte, a motivo della guerra, della povertà, della soltiduine o, come in questi gironi, dell’emergenza sanitaria che tiene lontani gli uni dagli altri. Ma la stessa serenità la chiediamo al Signore per ogni momento in cui egli ci chiama ad amare senza riserve, nella certezza della sua amicizia.
– don Silvano, Casa Sant’Andrea