“Cristo è mediatore di un’alleanza nuova” (Eb 9,15).
La Solennità di domenica scorsa, la Santissima Trinità, ci ha dato di riscoprire che Dio è comunione di persone e che ci ha creati per partecipare alla vita di questa sua famiglia, per vivere anche noi in comunione, con lui e gli altri. Il desiderio di comunione, di unità, di famigliarità e amicizia, di alleanza, è come una sete profonda che lui ha lasciato dentro di noi, segno della sua impronta, traccia del nostro essere della sua stessa pasta.
Più volte lungo la storia Dio ci ha sollecitati a entrare in questa danza dell’amore, a vivere in comunione con lui. I racconti dell’AT ci narrano diverse occasioni in cui ha dato all’umanità di sperimentare la sua tenerezza, la sua attenzione, il suo attirarci a sé e Israele ha cercato di accogliere questo invito, questa chiamata: ne sono segno gli altari disseminati nel territorio della terra promessa e, in particolare, l’altare di cui ha raccontato la prima lettura. Dopo aver ricevuto le tavole della Legge dal Signore Mosè innalza un altare e vi compie un sacrificio di alleanza, di comunione con Dio, segno di gratitudine, ma anche di impegno, di accoglienza della disponibilità di Dio, di collaborazione piena con lui, di unità.
Anche Gesù ha innalzato un altare e ha compiuto un sacrificio segno dell’alleanza tra Dio e l’uomo, espressione di una comunione offerta e accolta: la lettera agli ebrei, tuttavia, ha tenuto a sottolineare che questa alleanza è diversa dalle altre, è nuova. Gesù ha dato inizio ad una nuova alleanza tra Dio e l’umanità, tra noi e Dio. È un’alleanza resa nuova da lui, che ci ha manifestato l’amore fedele e definitivo di Dio per noi: in Gesù noi abbiamo scoperto che Dio è e sarà per sempre nostro alleato, presenza che starà eternamente al nostro fianco, in modo gratuito, fiducioso, sempre incoraggiante verso il bene. In Gesù noi abbiamo scoperto un altare diverso: non una pietra, ma la sua persona. Abbiamo conosciuto anche un sacrificio diverso, fatto non di capri e sangue di animali, ma del suo corpo donato, della sua vita donata: egli non ha messo cose o animali sull’altare, ma si è fatto altare e sacrificio di amore, ha amato noi e il Padre sino alla fine, dando tutto se stesso. In Gesù anche noi siamo stati rinnovati: abbiamo ricevuto lo Spirito che ha resi nuovi e capaci di amare alle altezze di Dio, di fare alleanza con lui alla maniera di Gesù, dando noi stessi, donando la nostra vita per amore, gratuitamente, senza tenere nulla per noi.
La Solennità del Corpo e Sangue di Gesù ci invita a riconoscere la nuova alleanza da lui iniziata e “a prenderla”. Nel pane e nel vino consacrati vi è la sua presenza, lui che dona se stesso per farci vivere in piena comunione con Dio, per accoglierlo come alleato della nostra vita, della nostra realizzazione, dei nostri desideri più profondi e più veri. Possiamo, dobbiamo prendere questo pane e questo vino, ossia vivere la comunione che Cristo ci ha reso possibile. La nuova alleanza chiede anche di essere vissuta, ossia di non essere solo celebrata attorno all’altare, ma portata nella vita, vivendo la novità del dare a Dio e agli altri non delle cose, non il sangue di animali, non delle vuote parole o pratiche, ma la nostra stessa vita. Nello Spirito anche noi possiamo vivere la nuova alleanza e, insieme a Cristo, vivere la maturità della fede, ossia lasciarci prendere e spezzare come pane, lasciarci mangiare da quanti sono affamati di amore, di attenzione, di tempo, di presenza: possiamo lasciarci prendere e bere come vino che dona gioia e coraggio per vivere in Dio.
Cosa significa farci pane da mangiare, vino versato e da bere? Cosa significa per noi vivere la nuova alleanza? Dove e in che modo il Signore ci chiama oggi a dare con amore la nostra vita?
– don Silvano, Casa Sant’Andrea