“Il Figlio dell’uomo è venuto per servire e dare la propria vita” (Mc 10,5).
Di domenica in domenica camminiamo con il Signore: lui ci parla, compie dei gesti di amore, ci fa andare dentro alla vita di tante persone con lo stile di Dio e ci educa alla vita nuova. Potremmo pensare che, mano a mano il cammino prosegue, anche la nostra fede proceda, ossia che lo stare con lui ci renda sempre di più cristiani. Sappiamo bene, però, che non è così. Come i discepoli, anche noi sperimentiamo la fragilità di una mentalità che talvolta non matura, si arresta, rallenta il passo, si ferma. Quante volte, vecchi atteggiamenti che pensavamo superati ritornano.
Una delle pretese che fatica a morire dentro di noi, come per Giacomo e Giovanni, protagonisti con Gesù del Vangelo di questa domenica, è quella di primeggiare, di avere un ruolo, di essere qualcuno. Ci affascina il Gesù semplice, che si avvicina anche a noi, che ama anche noi, ma sentiamo forte il fascino di una signoria diversa, quella della gloria, dell’onore, dei primi posti. Fatichiamo a credere che la vera signoria sia quella del dono generoso e gratuito, il dono umile e silenzioso conosciuto soltanto dal Padre. Stringiamo i denti, magari, nel momento presente, mentre ci è chiesto di impegnarci, ma poi presentiamo il conto al Signore, e spesso agli altri, degli onori, del potere, del riconoscimento a cui abbiamo rinunciato. E Gesù, ancora una volta, ci invita a cambiare, a non farci servire, ma a servire e dare la vita.
Servire, chi e in che modo?
Dare la vita, per chi e per quale motivo?
Queste domande, che nel momento della fatica, della rinuncia, della prova, si affacciano e mettono in discussione le nostre scelte, chiedono di trovare risposte e dei rinnovati “sì”. Sono risposte che possiamo trovare in Gesù, guardando lui, stando con lui, permettendogli di servirci e di dare la vita per noi. Solo da una viva esperienza di lui nasce la disponibilità a servire. Solo dalla certezza che lui ci ama da sempre, nasce lo slancio ad amare gratuitamente, senza rivendicare nulla. Solo dall’esperienza del suo amore fedele, nasce il dono che va avanti nel tempo, anche quando costa fatica e rinunce. Solo dalla consapevolezza che lui ama anche le nostre fragilità e i nostri limiti, nasce la disponibilità a servire l’altro chiunque egli sia, qualunque sia la sua situazione, qualunque sia la sua necessità.
Alcuni servizi, oggi, mi pare siano chiesti proprio a noi, a noi discepoli del Signore.
Anzitutto il servizio alla sua Parola, ad annunciarla con coraggio, certi che Gesù non è conosciuto, che a tanti, come a noi, manca anche l’ABC del vangelo. Catechisti, accompagnatori dei genitori, educatori e animatori, missionari, genitori, semplici amici e fratelli: tutti siamo chiamati a servire con umiltà la Parola, a portarla agli altri, non tanto con le parole che rischieremmo di pronunciare come giudizi, ma con la testimonianza dell’amore.
Poi il servizio alla comunione, quella comunione spesso rovinata per gli arrivismi e la superbia dentro la parrocchia, dentro il luogo del lavoro e della scuola, dentro la politica, in Italia, in Europa, nel mondo: servire la comunione, significa servire Dio che è comunione di persone e rendere visibile qui, oggi, nelle nostre diversità di pensiero, di colore, di religione, la sua presenza che vuole renderci uno con lui.
Il servizio al corpo di Cristo, quel corpo che ci allunga le mani e gli occhi nei più deboli, nei più fragili, nei bambini, nelle persone che soffrono violenza, in chi è perseguitato, in chi scappa per la povertà e la guerra dal proprio paese: servire i poveri, significa servire il corpo del Signore.
Rimettiamoci in cammino con Gesù, desiderosi che trasformi i nostri cuori e li renda come il suo.
Apriamo gli occhi alla realtà di cui facciamo parte e riprendiamoci la gioia di seguire il Signore nelle persone che ci sono affidate e che ci è chiesto di servire. Prendiamo in mano i nostri atteggiamenti arroganti e pretenziosi, le false umiltà che spesso ci fanno essere deboli coi forti e forti coi deboli: andiamo alla sorgente delle nostre pretese e rinnoviamo la scelta del semplice servizio per amore di Gesù.
– don Silvano, Casa Sant’Andrea