“Gesù aprì loro la mente all’intelligenza delle Scritture” – III domenica di Pasqua, anno B

“Gesù aprì loro la mente all’intelligenza delle Scritture” (Lc 24,45)

Un gruppo di amici sta attraversando un po’ di difficoltà. Nell’ultimo periodo sono nate delle incomprensioni, delle discordie: una battuta un po’ grassa, una parola di troppo, piccole invidie e gelosie…. E tutto questo sta allentando i rapporti.
Poi l’idea di uno di loro: «Che ne dite se ci troviamo insieme per guardare un film, un film che sicuramente piacerà anche ai nostri bambini?!».
Non era un film in realtà, ma una videocassetta con delle immagini registrate alcuni anni prima durante una vacanza fatta insieme. E quella vecchia VHS… è stata l’occasione per stare insieme e ritornare sul passato, per ridere in libertà, per ritornare alle origini della propria amicizia. Un ritorno che non è stato pura nostalgia, ma un riportare al cuore le cose belle vissute insieme, un rivalutare l’altro, un allargare la visuale per riconoscere che l’altro non è solo i difetti dell’ultimo periodo… ma molto di più. E così si è acceso un nuovo inizio per quella compagnia di amici.

Quella serata tra amici può diventare per noi… il pretesto per riflettere su una delle lacune fondamentali della nostra società dell’immediato: la capacità di “fare memoria” di qualcosa di bello e di significativo all’esistenza. Quell’amico ha prodotto nell’intera compagnia la stessa dinamica che ha prodotto Gesù nel ritornare tra i discepoli la sera di Pasqua.
Dopo i fatti di Emmaus gli apostoli erano probabilmente ancora attenti al rincorrersi di brutte notizie o alla paura di persecuzioni che sarebbero potuto ricadere anche su di loro da parte dei giudei per il fatto che erano amici di Gesù. Troppo concentrati sull’immediato, su quanto vivevano in quel momento, sulle paure e sullo scompiglio sorti dopo i giorni della passione… da non riuscire a capire il senso di quanto era accaduto, da non riuscire a far posto alla novità pasquale di cui tanto Gesù aveva loro parlato.
Anche noi talvolta siamo troppo ripiegati su una quotidianità che rende tutto così piatto e anonimo: studio ed esami universitari, lavoro incalzante, scadenze ricorrenti e che ci vedono sempre all’ultimo minuto, impegni e servizi che a volte ci opprimono, relazioni a cui non si può fare a meno o che, addirittura, tolgono il fiato, attenzioni a questo e a quello che non ci lasciano vedere al di là del nostro naso. Anche la Comunità cristiana… talvolta può correre il rischio di essere presa da troppe cose da fare che tolgono la gioia e innervosiscono, sino a disturbare i rapporti, sino a perdere le motivazioni del proprio fare. E il rischio diventa quello di non far più memoria, di non avere più tempo, spazio, occasioni… per ricordare le tappe fondamentali della crescita personale, familiare e comunitaria, soprattutto i passi fatti insieme al Signore della vita.

Gesù nel ritornare nel cenacolo tra i suoi, rallenta tutto questo correre, ferma il passo… cerca di sciogliere la paura dei discepoli e si fa riconoscere. Scioglie quella paura che non permette di andare verso l’altro, che acceca gli occhi e il cuore. E, come la paura, anche la frenesia, l’essere indaffarati, acceca occhi e cuore. Se ci pensiamo, quando siamo occupati non prestiamo attenzione a chi ci è attorno: a volte addirittura fingiamo di non incontrare un amico pur di non perdere tempo!
Solo la capacità di far memoria, solo il dare spazio e tempo al ricordare ci dà la possibilità di provare e vivere nella gioia. E il risorto ci prova in ogni incontro con i suoi discepoli. Cerca cioè di aiutarli a rileggere sia le storie personali sia le vicende del popolo eletto per aprire il loro cuore alla gioia. Mostrare piedi e mani, mangiare come faceva prima del Calvario, rileggere “le cose scritte… nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi”, aprire loro la mente all’intelligenza delle Scritture, permette ad un gruppo di ritrovare l’unico senso della propria vita.

Lasciamo spazio al ricordo autentico… se desideriamo la vera gioia: prendiamoci tempo e spazio per fare memoria e risvegliare la gioia dentro il nostro rapporto con il Signore e con gli altri. Ma non fermiamoci soltanto lì, perché non diventi sterile nostalgia. Quella gioia sia spinta a riconoscere il bene per rinvigorirlo o invito a riconoscere gli errori per pentirci e cambiare vita e poi ripartire con fiducia per un nuovo inizio.

– don Silvano, Casa Sant’Andrea