“Gesù si manifestò di nuovo” – Terza domenica di Pasqua, anno C

“Gesù si manifestò di nuovo” (Gv 21,1).

In queste domeniche di Pasqua, Gesù Risorto fa visita più volte e in diversi modi ai suoi discepoli. Mentre stanno al chiuso per paura di venire perseguitati o si allontanano da Gerusalemme, tornando a fare il mestiere di pescatori, egli li raggiunge. Non sembra domandino la sua presenza o facciano qualcosa di particolare per cercare il suo corpo, eppure il Signore va da loro, lì dove si trovano.

Le visite del Signore hanno tutti i contorni di una ricerca: egli li va a cercare, va lì dove sono per incontrarli e farsi incontrare, per condividere con loro l’esperienza della vita ritrovata. In questo atteggiamento scopriamo la verità dell’amore. Amare significa anche cercare l’altro e cercarlo seppure lui non stia facendo altrettanto con noi. Chi ama non fa per l’altro soltanto i gesti che trovano corrispondenza, ma quelli più gratuiti e liberi. Mosso dall’amore, l’amico cerca l’amico anche quando lui si allontana. Da giovane o adulto che vuole il bene delle persone affidate, l’educatore esce di casa per incontrare il ragazzo che non frequenta più il gruppo. Forte dell’alleanza segnata da un Sacramento, lo sposo cerca la sua sposa anche dopo un conflitto, anche nel tempo della tiepidezza degli affetti. Ecco come si muove Gesù coi suoi discepoli e con noi. Nel tempo della sfiducia e dello smarrimento egli si interessa dei suoi, uno ad uno, e li va a cercare perché possano sperimentare anche loro la bellezza della sua risurrezione: nel tempo della vergogna per il tradimento, egli va a cercare Pietro lì dove si è rifugiato per parlare con lui e portare pace nelle sue ferite attraverso il perdono.

Non è soltanto il cercare l’altro il segno che ci mostra l’amore del Signore, ma anche il ridare pienamente fiducia. È esplicita la forza di questo dono nel suo dialogo a tu per tu con Pietro, ma anche prima, quando si fa vedere a lui e agli sei lungo la riva del lago. Il suo sguardo sereno, il suo rivolgersi in modo pacato e ospitale, il suo parlare al futuro con Simone, sono tratti che parlano dell’amore, un amore tradotto nella fiducia ridonata senza meriti e non come premio. Gesù avrebbe mille motivi per lasciar perdere coi discepoli dopo le figuracce dei giorni di Pasqua, ma li va a cercare lì dove sono, si fa loro vicino e ancora più vicino a Simone, riconsegnandogli il proprio gregge perché si faccia strumento di unità. Chi ama sa declinare al futuro i verbi della vita anche dopo un fallimento, anche dopo un contrasto, anche quando l’altro non sembra meritare nulla. Soltanto chi sperimenta questo amore gratuito, largo e spiazzante ha le forze per affrontare la vita, le motivazioni per impegnarsi, le energie per vivere. Quanto poco basterebbe, talvolta, per riaccendere di luce il volto dell’amico, del figlio, della moglie: una parola di incoraggiamento, la fiducia rinnovata, la consegna di una responsabilità anche dopo l’errore sono segni che fanno bene al cuore e permettono di riprendere coraggio.

Di fronte al Sinedrio che proibisce loro di raccontare quanto è accaduto a Gesù nella Pasqua, gli apostoli continuano a parlare nel suo nome: essi hanno chiara la convinzione che “bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini”. Ne hanno fatta di strada dai primi giorni, quando se ne stavano chiusi per paura o si sono allontanati dalla città per tornare alle proprie case. Che cosa è accaduto che li ha fatti cambiare così profondamente? Ciò che li ha cambiati e resi testimoni è il dono dell’amore del Signore, un amore fatto di ricerca, di chiarezza, di verità, ma anche di tenerezza, di presenza gratuita, di consegna fiduciosa di sé e delle responsabilità del Vangelo. Come Gesù, anch’essi, grazie al dono dello Spirito, sono risorti: il Risorto che ha cercato i suoi discepoli ha dato loro la sua vita e ha fatto nascere la Chiesa. Come loro, anche noi non ci improvvisiamo testimoni coraggiosi. Quando lo siamo è perché è chiara e forte in noi la certezza di essere amati, dagli altri e da Dio, in modo gratuito e immeritato. Quando siamo obbedienti alla nostra coscienza, al Signore, alla comunità, senza cedere alle tenebre che cercano di isolarci, è perché crediamo all’amore, perché diamo credito al Signore che ci ha cercati e ogni giorno ci cerca per darci la possibilità di risorgere e ripartire.

– don Silvano, Casa Sant’Andrea