“Io realizzerò le promesse di bene che ho fatto” – Prima domenica di Avvento, anno C

“Io realizzerò le promesse di bene che ho fatto” (Ger 33,14).

Chissà com’è il nostro rapporto con le promesse, se crediamo agli altri quando ci promettono qualcosa, se noi siamo capaci di promettere e poi di portare a compimento ciò su cui ci siamo impegnati. Se siamo soliti fare o ricevere promesse da marinaio o da mercante o piuttosto se la nostra vita non sia stata segnata da parole affidabili.

Non è facile promettere tantomeno credere alle promesse. La nostra fragilità nel mantenerle o nel prendere impegni a misura, indeboliscono talvolta la nostra fiducia in noi stessi e negli altri. C’è una credibilità che spesso viene meno e ci rende sospettosi verso ogni parola e ogni gesto, dai più piccoli ai più grandi, quelli che impegnano la vita. La paura di essere feriti ancora o di ferire gli altri con l’infedeltà ci frena prima ancora di deciderci per qualcosa e per qualcuno. Eppure abbiamo bisogno di fiducia reciproca per vivere: abbiamo bisogno del punto di appoggio di parole affidabili per stare in piedi e per darci lo slancio per camminare, per costruire qualcosa. Abbiamo bisogno di recuperare la fiducia reciproca per vivere nel mondo ed essa nasce soltanto correndo il rischio dell’incontro, il rischio di provare e riprovare ad amare, il rischio di andare “verso un noi sempre più grande”, come ha scritto il papa nei mesi scorsi e la Chiesa di Padova si sta impegnando a vivere in questo Avvento ( https://ufficiofamiglia.diocesipadova.it/avvento-2021/ ).

Nella nostra incertezza e sfiducia ci viene incontro oggi il Signore che per primo parla di promesse di bene. Sin dall’inizio egli si è presentato con delle promesse. Ricordiamo gli impegni con Abramo: una terra, una benedizione per tutti i popoli, una discendenza. E lungo la storia ha fatto altre promesse, sino al dono del Figlio, quel “germoglio giusto” (Ger 33,15) che abbiamo ricevuto in carne ed ossa duemila anni fa, che viene ancora oggi in mezzo a noi nei Sacramenti e in tanti altri modi, che verrà un giorno “su una nube con grande potenza e gloria” (Lc 21,27). Egli è il Dio fedele che mantiene la parola data, che rende possibile ogni altra nostra parola, dandoci il suo Spirito di forza, coraggio, fedeltà, che ci apre all’amore anche quando non siamo corrisposti. Le delusioni e le sofferenze incomprensibili della vita, certe richieste fatte a Dio che ci sembra non abbia esaudito come pure certe nostre immagini distorte di lui, ci impediscono a volte di credere alla sua fedeltà, ci fanno perdere fiducia in lui. Oggi, però, viene a chiederci di non credere all’apparenza ma al dono che è nascosto dentro ai fatti, anche i più tremendi, così da sperimentare la sua fedeltà: “Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina” (Lc 21,28). Forse abbiamo poca fiducia nelle promesse di Dio perché abbiamo dei pregiudizi su di lui, sul modo con cui crediamo possa realizzare i suoi impegni, sul suo amarci. Forse gli schemi di fede che abbiamo ci stanno impedendo di vedere la sua azione. “Stiamo attenti a noi stessi” (Lc 21,34). Scuotiamoci dalle nostre pesantezze e guardiamo alla vita con gli occhi del Signore: allora lo vedremo, allora vedremo la sua fedeltà e vivremo. Vedremo che egli viene.

È di questa parola affidabile che abbiamo bisogno per vivere, una parola che ogni giorno possiamo ascoltare nella preghiera e nel silenzio del cuore. È la fiducia in questa parola viva che ci apre a quella necessaria per la vita quotidiana, alla fiducia in noi stessi e nei fratelli. La fede ha la forza di farci vedere le cose per quello che sono, di aiutarci ad accogliere le fragilità e le infedeltà e a credere che val la pena sempre di riprovare a fidarci gli uni degli altri. La fede autentica offre la forza per promettere, per prendere degli impegni anche gravosi. Se Dio è affidabile, anche noi, pur deboli, possiamo esserlo: egli benedice sempre le nostre promesse di bene.

– don Silvano, Casa Sant’Andrea