“L’anima mia magnifica il Signore” (Lc 1,46)
La Chiesa oggi è in festa e canta, canta la sua gioia per Maria, per il dono che Dio le ha fatto nella sua morte: non l’ha lasciata alla terra, come avviene per ogni altra creatura, ma l’ha portata accanto a sé. Canta di gioia per il dono che è stato fatto alla madre di Gesù, ma anche perché riconosce nella sua vicenda il futuro dell’umanità. Gioisce perché vede in Maria la prima di una moltitudine di uomini e donne che per la Pasqua di Gesù può godere della vita eterna.
Questo canto ci chiama, ci interpella: il canto di gioia di Maria e della Chiesa può essere anche il nostro. Ciascuno di noi, oggi e domani, è chiamato a cantare, a gioire, ad esultare per Maria e per la propria speranza. Tutti noi un giorno verremo assunti nei cieli, saremo portati accanto al Padre. Possiamo cantare di gioia con la Chiesa e con Maria che raggiunge Elisabetta e dire: “Grandi cose ha fatto l’Onnipotente”. Per la Pasqua di Gesù ognuno di noi è passato dalla morte alla vita: la morte è diventata un passaggio, l’occasione per essere afferrati da Dio e portati in cielo.
Il canto ci appartiene: cantiamo in chiesa, ma anche mentre lavoriamo o ascoltiamo la musica oppure per dire i nostri sentimenti alle persone a cui vogliamo bene… Cantare è un’arte. In questo giorno potremmo chiederci quando cantiamo, che cosa davvero ci fa cantare, che cosa ci fa gridare magnificando il Signore. Ci sorprendiamo qualche volta a cantare? Ci sorprendiamo a cantare di gioia per il Signore? È motivo di canto la presenza di Dio nella nostra vita? Se cantiamo poco, forse è perché manchiamo di speranza, la speranza nel bene che abita il quotidiano, la speranza della vita eterna, la certezza che la nostra vita, il nostro corpo, tutto di noi, è destinato a vivere per sempre, ad essere assunto nei cieli.
– don Silvano, Casa Sant’Andrea