“Ma egli sparì dalla loro vista” – Terza di Pasqua, anno A

“Ma egli sparì dalla loro vista” (Lc 24,31)

Il ciclo di Emmaus, opera tra le più conosciute del pittore francese Arcabas, si conclude con l’immagine di una stanza da pranzo vuota e in disordine. I due discepoli hanno appena riconosciuto la presenza di Gesù risorto in mezzo a loro nello spezzare il pane e non c’è tempo per riordinare, nemmeno per chiudere la porta di casa! Appena riconosciuto il Risorto scompare dalla loro vista, ma resta in loro ben presente l’emozione e lo stupore dell’incontro.

Sono passate due domeniche dalla Pasqua, le donne per prime hanno fatto esperienza dell’inspiegabile fatto; domenica scorsa ci siamo incontrati con la diffidenza di Tommaso. Anche per me, anche per noi, la resurrezione può restare qualcosa di solo “inspiegabile”: un fatto eccezionale che riguarda altri, da cercare di far quadrare con l’intelligenza. È invece necessario che la resurrezione, o meglio il Risorto, entri nelle stanze della nostra vita, le metta a soqquadro e provochi in noi una reazione di stupore, che ci spinga ad agire, come ha provocato i discepoli di Emmaus a ritornare a Gerusalemme e ad annunciare Cristo. Non c’è tempo per sistemare e far tornare tutto nei nostri schemi: bisogna osare il nuovo, lasciarsi coinvolgere e partire di corsa.

Forse è stato difficile vivere la Pasqua chiusi nelle nostre case, magari era forte in noi il desiderio di incontrarsi con la comunità, celebrare in chiesa, vivere gesti e parole che ritmano e “danno il senso di festa”. Magari in noi è esplosa la rabbia: “Almeno potessimo uscire di casa a Pasqua!”. Invece i discepoli di Emmaus riconoscono Gesù proprio nella loro casa, tra le mura della cucina, compiendo i gesti consueti di una cena, di un pasto. Quanta ricchezza di resurrezione nei piccoli gesti domestici! L’attenzione e la cura nel preparare la tavola del giorno di festa, un servizio di piatti nuovo, qualche cibo più ricercato, una candela al centro della mensa: espressioni di cura e di attenzione l’uno per l’altro nel tempo che si sta vivendo. Impariamo a leggere in queste attenzioni dei segni che possono guidarci nel sentire di Dio, che possono aiutarci a tenere viva l’attenzione per Gesù che non smette di restare in mezzo a noi e di farsi riconoscere e darci forza nelle azioni più semplici, ma compiute con amore e dedizione!

Così, quando ci sarà permesso di uscire e di re incontrarci, usciremo certo con entusiasmo ma anche rafforzati e sostenuti nella fede e nei legami familiari dal tempo condiviso insieme e dalla cura respirata. Il cielo che incontreremo all’aperto sarà allora, come nel quadro di Arcabas, carico di stelle: di attese e di desideri che avremo coltivato in queste settimane ma anche della capacità di leggere nella semplicità della quotidianità che ritroveremo, fatta di sorrisi e di piccoli gesti, una gioia grande e un nuovo slancio per annunciare a chi incontreremo la felicità di essere cristiani.

– don Eros, diacono del Seminario Maggiore

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