Disse la donna a Gesù: «Signore, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». (Gv 4,15)
È talvolta scomodo dialogare con una persona che sta soffrendo: sia essa su un letto ammalata, presa da una pesante malattia… oppure sofferente per qualche altro motivo… tipo difficoltà di famiglia o momenti di crisi…
È scomodo dialogare e ce ne accorgiamo subito: parliamo magari del più o del meno, del tempo…, oppure parliamo tanto per coprire i silenzi che talvolta si vengono a creare e che ci fanno paura.
Sì, abbiamo paura, talvolta, di entrare in profondità: preferiamo rimanere in superficie, per la terrore di non saper cosa dire o cosa fare se la situazione ci scappa di mano. Qualcosa di simile è accaduto anche durante l’incontro di Gesù con la donna di Samaria, a Sicar. Almeno per una parte dell’incontro, tra Gesù e la donna c’è incomprensione: Gesù parla di una sete del cuore, sete di pienezza, di vita, di felicità e la donna capisce che sta parlando di acqua da attingere dal pozzo… Gesù parla di un tempio nuovo, la sua persona, per cui non c’è più bisogno di Gerusalemme per pregare e lei si ferma alle beghe di paese… Le parole del loro dialogo sembrano scorrere come su due binari. A un certo punto, però, si comprendono: la donna accetta di entrare in un discorso profondo, accetta di non rimanere in superficie e di parlare veramente di sé. Stupisce, allora, la capacità di Gesù di fermarsi e di avvicinarsi a questa donna. Egli l’ha cercata, gli ha dato appuntamento per parlare con lei in profondità. Aveva avuto tanti uomini… ma forse è la prima volta che lei dialoga profondamente con un uomo. Come Gesù possiamo essere anche noi: non si tratta di improvvisarsi maestri e tantomeno psicologi, ma di avere un po’ di attenzione in più all’altro e ad un dialogo più profondo. Quanto bene ci farebbe, quanta felicità porterebbe in noi, quanta comunione con il Signore.
In ogni dialogo profondo, come nel dialogo tra Gesù e la donna di Samaria c’è un particolare che non sfugge: sono soli, loro due soltanto, non c’è nessun altro con loro. È mezzogiorno e quindi il luogo è deserto: in più i discepoli sono tutti in città a procurare cibo per il pranzo. Aldilà di questo, la solitudine del momento è sicuramente scelta da Gesù, che desidera incontrare quella donna e aiutarla: Gesù sceglie la solitudine per far discorsi seri, per donare un orizzonte nuovo a quella donna che aveva vissuto tante esperienze e sofferenze (5 mariti!!! + 1). Questa solitudine rende possibile un dialogo profondo, non superficiale: si dicono cose che in compagnia non sarebbero emerse, discorsi che fanno bene al cuore, lo liberano da ciò che lo ingolfa e dissetano dalla vera sete. Come la donna di Samaria, anche noi possiamo prendere il coraggio fra due mani per darci il diritto, almeno qualche volta, di fermarci in solitudine con qualcuno e pure con Gesù. Anche per noi c’è un pozzo che ci aspetta per dialoghi veri: da qualche parte, c’è il pozzo dove Gesù stesso ci ha dato appuntamento. Noi, talvolta, fatichiamo a fermarci in solitudine con lui: abbiamo sete di lui, delle sue parole, del suo amore, di felicità, di pace,… eppure scappiamo via da lui preferendo la confusione, i ritmi frenetici della giornata. Prima o poi, però, ci accorgiamo che la nostra vita sempre di corsa ci svuota e ci intristisce.
Facciamo memoria delle esperienze di serena solitudine vissute in passato con gli altri e con Dio e lasciamo che ci incoraggino a scegliere ancora questi momenti. Il coraggio che abbiamo tirato fuori in certe occasioni della vita, la tenerezza che abbiamo lasciato emergere nel dialogo con qualche persona cara, quella calma che ci ha permesso di ritrovarla, possono ancora emergere, soprattutto con il Signore Gesù e permetterci di programmare e scegliere nelle nostre giornate tempi di silenzio e solitudine che possono riempire di senso la nostra vita.
– don Silvano, Casa Sant’Andrea