Ritornare in CSA da prete

Due anni fa il vescovo Claudio mi ha chiesto di proseguire il mio servizio di responsabile della pastorale dei giovani in stretta collaborazione con don Mattia Francescon che in quello stesso frangente diventava responsabile della pastorale delle vocazioni. Un lavoro in cordata il nostro, per dire come la pastorale giovanile nel suo insieme è pastorale vocazionale, significato anche dal vivere insieme a Casa Sant’Andrea.

Era chiaro che non avrei sostituito don Giuseppe Toffanello, per trent’anni padre spirituale della Casa: pensando allo spessore di don Giuseppe non me ne sentivo all’altezza ma francamente non avrei nemmeno avuto il tempo per dedicarmi appieno ad un ministero così delicato (che invece don Giovanni Molon ha assunto per quanto riguarda l’accompagnamento spirituale dei ragazzi). Don Mattia mi chiama spesso “animatore spirituale” della Casa e ogni volta a me viene un po’ da sorridere per questa espressione un po’ altisonante. Mi sento infatti più semplicemente come “uno di casa”, un componente della comunità, e, per quanto la mia presenza a causa del mio servizio in giro per la diocesi sia piuttosto intermittente, è stato un dono e un onore tornare nel luogo (anche se non nella stessa struttura) dove anch’io ho mosso i primi passi del mio cammino quasi vent’anni fa, con i giovani in discernimento.

C’è infatti qualcosa di unico nello sguardo di chi ha avvertito da poco il “Seguimi” di Gesù: l’entusiasmo del fuoco dell’innamoramento insieme alle nebbie del dubbio e dello stupore per una meta tanto alta sono una provocazione continua anche per me prete da un po’ di anni.

Con don Mattia c’è poi un dialogo molto bello e schietto su tante questioni e scelte e anche questo nostro collaborare e confrontarci sono segni importanti di una fraternità presbiterale che non può restare sulla carta ma va declinata e costruita nei fatti. Sento anche però la responsabilità dell’educazione dei giovani che formano la comunità di Casa Sant’Andrea e nelle condivisioni più informali e nelle omelie cerco di trasmettere quel (poco) che ho capito dell’essere prete per la nostra chiesa diocesana, insistendo molto sull’essere prete con il cuore di Dio Padre, appassionato per il gregge, con l’odore delle pecore e mai al di sopra degli altri.

don Paolo Zaramella
responsabile dell’Ufficio per la Pastorale dei Giovani
residente a Casa Sant’Andrea

 

Articolo della
Rivista del Seminario
CorCordis 2024/2

 

 

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