“Ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre” – XXVI domenica del tempo ordinario, anno C

“Ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre”

Quando il ricco muore si dice che “alzò gli occhi e vide”. Finalmente dopo tutta la vita il ricco epulone riesce a far chiarezza, e il momento del trapasso diventa per lui occasione di discernimento. La nostra vita è qualcosa di piccolo in confronto all’eternità, ma il punto è che tutto quello che è stato della nostra vita decide dell’eternità. Spesso, come succede al ricco epulone, non capiamo le cose se non guardandole dall’al di là, comprendiamo il presente solo a posteriori. Non sappiamo cosa scegliere, cosa fare della nostra vita. Girovaghiamo senza meta, ci stanchiamo presto e facciamo dell’occasionalità il fondamento su cui costruiamo le nostre scelte. Sulle cose passeggere fissiamo la nostra vita che poi, inevitabilmente, svanisce in un soffio. La nostra infelicità spesso è data dalle storie delle nostre scelte sbagliate e delle opzioni fatte con grande cecità, dal “non aver visto”, dell’esserci sperperati. Tante volte le nostre storie non sono così piene e rimangono incompiute. E quand’è che tutto questo è chiaro? Come facciamo a salvarci dal dramma del ricco epulone? Solamente nell’oltre sta la luce, la pienezza e il senso di ciò che viviamo. S. Ignazio scrive che ogni atto umano trova la sua compiuta spiegazione nel suo esito. Per questo di ogni cosa che facciamo dovremmo chiederci il suo esito. Con le mie scelte o delle scelte che sto per mettere in atto potrò presentarmi davanti a Dio? Sto vivendo in funzione di cosa? Su cosa sto fondando la mia vita? Sull’occasionalità o sul per sempre? Quali scelte danno senso alla mia storia? Noi camminiamo, ma è la meta che dà senso ai nostri passi. Gli atti umani hanno sempre uno sfondo eterno perché sono atti intenzionali e non istintivi. Quello che scegliamo sempre e comunque avrà un rimbalzo eterno: questo ci dice Gesù oggi. Bisogna essere un po’ meno spensierati come ci invita il profeta Amos nella prima lettura. Come uscire dalla condizione di spensierato? Di senza pensiero? Posso interrogare la mia vita? Posso interrogarmi?

Cristo è il povero Lazzaro che bussa alla mia porta. Io come gli rispondo? Spesso consideriamo Cristo e la sua provocazione un problema davanti alla nostra porta e non ci accorgiamo che invece è lui la porta del paradiso, è lui la porta per la pienezza della nostra vita. Ogni nostro atto è una porta che ci apre al paradiso, se ogni nostra scelta di vita veramente si apre a Cristo che riempie di senso la nostra esistenza.

 – don Lorenzo Mancini