“Verranno da oriente e da occidente” (Lc 13, 29).
Capita, talvolta, di dire che la Chiesa oggi ha le maniche troppo larghe, che è troppo permissiva nei confronti dei fedeli… Secondo altri, invece, la Chiesa è troppo rigida, quasi retrograda. A parte il fatto che per accontentarci ci vorrebbe una Chiesa per ciascuno, affermazioni del genere non mi sembrano facciano centro su ciò che la Chiesa è chiamata ad essere. La Chiesa è chiamata dal Signore ad essere strumento di salvezza per l’umanità e per tutta l’umanità. Cristo desidera che tutti gli uomini e le donne siano salvati, entrino nel suo Regno ed è per questo che ha creato la Chiesa, affinché ogni persona entri nella sua casa. La questione centrale, allora, non è se la Chiesa è di manica larga o di manica stretta, ma se è fedele al suo Signore, se è di aiuto perché tutti si sforzino di entrare per la porta del Signore. La Chiesa non è chiamata ad avere delle sue misure, ma le misure di Cristo, della sua porta, una porta stretta, anche, ma che si può attraversare. Ancora una volta, allora, la strada giusta non sta nella critica facile verso la Chiesa, verso i pastori, ma nel verificare se stessi e aprirsi ad accogliere le parole di Gesù che sono cariche di misericordia, ma anche radicali.
Nella parola del Signore di oggi emerge chiaramente come dev’essere la sua comunità, come sono chiamati a vivere i cristiani. Ciò che fa entrare attraverso la porta del Signore non sono anzitutto le preghiere, le devozioni, le elemosine, ma la giustizia. Gesù parla di operatori di giustizia e San Tommaso ci aiuta a capire a cosa fa riferimento il Signore. Essere giusti, secondo la sua definizione, significa essere persone che “danno a ciascuno il suo, ciò che gli spetta”. Magari, di primo acchito, questo “suo” ci fa pensare a qualcosa di economico oppure alle eredità e, nella realtà, la giustizia è anche questo: quante volte noi cristiani siamo i primi a trattare ingiustamente le persone, a mettere via con ingordigia senza condividere con gli altri i nostri beni, oppure a trattare ingiustamente i dipendenti, a non pagare le tasse, a tagliare la fila alla posta o all’ospedale,… Ma la virtù della giustizia ha un significato più ampio: quel giusto da dare a ciascuno vale anche per altri aspetti. Ciò che spetta ad ogni persona è la giusta ricompensa per il suo lavoro, il necessario di proprietà privata, la libertà di studio, di parola e di religione, ma potremmo dire in modo più ampio che a tutti spetta di essere valorizzati nella propria persona, di avere ciò che serve per dare ali alla propria vita. Ecco, allora, il nodo centrale della parabola di Gesù. È dato di entrare nella casa del Signore soltanto a chi ha a cuore la dignità di ogni persona, non solo la propria, non solo quella dei propri cari, ma quella di ciascuna persona.
Anche a noi il Signore chiede oggi di entrare per la sua porta e anche a noi, perciò, chiede di essere operatori di giustizia. Noi siamo chiamati, oggi, ad avere a cuore la dignità delle persone, così tanto da cercare di dare a ciascuno ciò che gli spetta. Attorno a noi c’è chi ha bisogno di pane e di un lavoro per procurarsi il pane, ma anche chi ha bisogno del rispetto del suo modo di pensare e di credere; c’è chi ha bisogno di affetto e di salute, di accoglienza e di amore; c’è una società che chiede il rispetto delle regole e una politica più corretta. Accanto a noi c’è una Chiesa che chiama tutti ad essere protagonisti e ci sono persone che, magari senza saperlo, hanno bisogno del Signore, della sua parola, della sua amicizia.
Operare la giustizia, questo ci chiede con chiarezza il Signore: questa è la porta stretta attraverso cui passare per entrare nella sua casa e non a parole, ma coi fatti. Accogliamo questo invito, pronti ad essere giusti con tutti, con chi è dei nostri oppure no, con gli anziani e coi giovani, con gli ammalati e coi sani, con i forti e coi deboli, con i vicini ei lontani. Allora la Chiesa sarà come la vuole il Signore, allora il Signore ci donerà di sedere alla sua mensa insieme a tanti di ogni parte del mondo.
– don Silvano, Casa Sant’Andrea