Vocazione… uno stile a servizio del bene comune

Il tema del bene comune riguarda anche l’aspetto vocazionale. Assumere come stile di vita il perseguire il bene comune significa ricercare quel bene che realizza il massimo della dignità e originalità di ogni persona umana. Per bene comune s'intende « l'insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono sia alle collettività sia ai singoli membri, di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più celermente »[1]. Questo in parte è anche il compito della pastorale vocazionale; i cammini vocazionali proposti dai nostri seminari o dai vari ordini religiosi hanno come scopo proprio questo e cioè aiutare i ragazzi e i giovani, indipendentemente dall’età, nella verità e nell’amore quel progetto che Dio ha posto nel cuore di ciascuno e che se attuato diventa risposta autentica di vita. La vocazione allora è risposta al bene comune: sia come ricerca di tutto quel bene che abita nel cuore di molti ragazzi e giovani, sia come proposta per far diventare la vita un bene da mettere in comune e donare ai fratelli che si incontrano, in un continuo scambio tra Dio e l’umanità. La ricerca del bene comune come stile di vita interpella in maniera forte la pastorale vocazionale. Non si risponde ad una chiamata del Signore per intimismo, solo per una relazione personale con il Signore. La chiamata non è mai un fatto privato (neanche per quelle persone che scelgono la vita claustrale, di contemplazione), ma è sempre per un invio, per un servizio, per un bene che non è solamente del singolo ma comune. Necessariamente la vocazione presuppone la dimensione verticale del rapporto con il Signore e quella orizzontale del rapporto e del servizio ai fratelli. Amare Dio e il prossimo, in un cammino di donazione progressiva di sé, nella verità e nel servizio alla giustizia è il compito di ogni chiamato. “La Chiesa, annunziando il Vangelo, « attesta all'uomo, in nome di Cristo, la sua dignità e la sua vocazione alla comunione delle persone; gli insegna le esigenze della giustizia e della pace, conformi alla sapienza divina”[2]. La “chiamata” è per la chiesa che a sua volta è a servizio dell’uomo e dell’umanità. La pastorale vocazionale allora non è reclutamento, è testimonianza appassionata di uomini e donne, che hanno nel cuore un desiderio vivo di servire Dio e i fratelli nella chiesa per il mondo. “La Chiesa vede nell'uomo, in ogni uomo, l'immagine vivente di Dio stesso; immagine che trova ed è chiamata a ritrovare sempre più profondamente piena spiegazione di sé nel mistero di Cristo, Immagine perfetta di Dio, Rivelatore di Dio all'uomo e dell'uomo a se stesso. A quest'uomo, che da Dio stesso ha ricevuto una incomparabile ed inalienabile dignità, la Chiesa si rivolge e gli rende il servizio più alto e singolare, richiamandolo costantemente alla sua altissima vocazione, perché ne sia sempre più consapevole e degno. Cristo, Figlio di Dio, « con la sua incarnazione si è unito in un certo senso ad ogni uomo »”.[3]

Cercare la propria vocazione, cioè la risposta al progetto che Dio ha affidato in maniera originale a ciascuno, è dare unità alla propria esistenza. La vocazione fa proprio questo servizio: creare unità di vita, dentro la vita di una persona. Questa unità di vita è la risposta alla chiamata di Dio che diventa quel bene che mi è possibile vivere e mettere a frutto a vantaggio di tutti. La crisi oggi non è delle vocazioni, ma della vocazione! Cioè nell’incapacità di cercare il senso profondo per cui mi è stata data la vita, cioè a quale compito sono chiamato all’interno della società. E crisi di chi non ha più il coraggio di fare una proposta alta e impegnativa, ai ragazzi e ai giovani dei nostri giorni. “Dio, in Cristo, non redime soltanto la singola persona, ma anche le relazioni sociali tra gli uomini. Come insegna l'apostolo Paolo, la vita in Cristo fa emergere in modo pieno e nuovo l'identità e la socialità della persona umana, con le loro concrete conseguenze sul piano storico: « Tutti voi infatti siete figli di Dio per la fede in Cristo Gesù, poiché quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo. Non c'è più giudeo né greco; non c'è più schiavo né libero; non c'è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù » (Gal 3,26-28). In questa prospettiva, le comunità ecclesiali, convocate dal messaggio di Gesù Cristo e radunate nello Spirito Santo attorno a Lui risorto (cfr. Mt 18,20; 28,19-20; Lc 24,46-49), si propongono come luoghi di comunione, di testimonianza e di missione e come fermento di redenzione e di trasformazione dei rapporti sociali.

La predicazione del Vangelo di Gesù induce i discepoli ad anticipare il futuro rinnovando i rapporti reciproci.”[4] “Maestro che cosa devo fare?” vivere la ricerca della propria vocazione come lo stile di vita che realizza il bene comune.



[1] COMPENDIO DELLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA, n. 164
[2] Idem, n.63
[3] COMPENDIO DELLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA, n. 105
[4] Idem, n.52