Cantare per aiutare a pregare

Un coro diocesano e un laboratorio vocazionale nel territorio

«Abbiamo animato l’ultimo saluto a Giulia Cecchettin – racconta don Mattia Francescon, assistente del Coro diocesano dei giovani e direttore della comunità vocazionale presso Casa Sant’Andrea – Abbiamo condiviso un lutto che è stato accompagnato, come Diocesi, con tutti i mezzi a nostra disposizione: la vicinanza dei parroci, la comunicazione sociale, la riflessione del Vescovo, la preghiera nelle comunità coinvolte, e anche il canto e la musica». Sono stati più di sessanta i giovani che lo scorso 5 dicembre si sono riuniti nella basilica di Santa Giustina di fronte al feretro della ventiduenne di Vigonovo brutalmente uccisa dall’ex fidanzato Filippo Turetta.

«L’intento è stato quello di cercare di supportare il dolore dei moltissimi giovani che hanno dovuto, purtroppo, vivere la celebrazione – spiega don Mattia – Volevamo che questo supporto venisse proprio dai loro coetanei e che la musica potesse fungere da sostegno spirituale, da invito alla preghiera, da segno di consolazione, per chi avrebbe partecipato alle esequie. Ritengo che l’obiettivo sia stato raggiunto».

Una parte di questo stesso coro si riunisce una volta al mese nella chiesa del Seminario maggiore, in occasione dell’appuntamento con la Scuola di preghiera, itinerario spirituale dedicato alla Parola e alla preghiera personale dei giovani. «Animiamo il canto di quella preghiera (dedicata lunedì prossimo alla sofferenza e al tema del dolore innocente, ndg), intessendo le trame della vita con la Parola: un connubio che penso sia fondamentale nell’intento di sottolineare come la fede possa toccare il vissuto dei giovani in ogni suo aspetto», spiega ancora il direttore della comunità vocazionale.

Stiamo parlando di un gruppo musicale nato in occasione del Sinodo dei giovani di Padova e che, dal 2017, si dedica all’animazione di alcune celebrazioni per giovani organizzate dalla Diocesi, a partire da quelle mensili fino ad arrivare ai tradizionali appuntamenti annuali della Veglia dei giovani (organizzata il 27 novembre in Cattedrale) e della Veglia delle vocazioni (svoltasi l’8 maggio scorso, sempre in Cattedrale). Tenori, soprani, contralti, bassi, viola, violini, flauto, corno, clarinetto, basso elettrico, percussioni, pianoforte e chitarre: un’ “orchestra” che si offre a tutti i giovani che desiderano fare un’esperienza di servizio alla preghiera attraverso la musica.

«Il nostro – aggiunge don Mattia Francescon – non è un coro “ordinario”: non ci ritroviamo, infatti, tutte le domeniche o per tutte le celebrazioni, ma solo in determinate occasioni. Da noi confluiscono giovani che hanno già le loro attività nelle diverse parrocchie della Diocesi di Padova, una modalità organizzativa che è stata scelta con una motivazione ben precisa: non rischiare di adombrare le realtà parrocchiali del territorio. Noi siamo un “evento”, mentre loro sono la quotidianità che accompagna e fa crescere». Il repertorio di canti è ampio e attinge soprattutto, ma non solo, al Rinnovamento nello Spirito e al Gen Verde: un ventaglio musicale che ai praticanti richiede allo stesso modo impegno e apertura alla spiritualità, nonché competenza pratica e profondità di riflessione.

«Nei giovani – specifica don Mattia, che dal 2018 coordina il coro, susseguendo all’assistente don Stefano Ferraretto, e che si occupa da anni di formazione in ambito giovanile – vedo la prospettiva della bellezza e la voglia di esplorare la fede nonché loro stessi. Sarebbe estremamente più semplice fermarsi alla superficie delle cose, e invece non è mai così: questi ragazzi studiano e lavorano duramente, scrutano e interrogano profondamente, tanto il mondo, quanto il loro animo, nella continua ricerca di quell’abbraccio che proviene da Dio. Sono cantori e musicisti che operano al fine di dar vita non a una performance impeccabile – curiamo, certo, l’intonazione, la dizione, l’espressione musicale – ma ad un momento di preghiera profondo e coinvolgente. Chi decide di intraprendere questo cammino lo fa per rendere un servizio a chi prega».

L’Ufficio di Pastorale delle Vocazioni propone anche un laboratorio vocazionale per cori parrocchiali. In merito, don Mattia dice: «Attraverso il percorso del coro accompagno i musicisti nel canto che diventa uno spunto di riflessione vocazionale. Indicazioni tecniche musicali e provocazioni spirituali. A partire sia dai testi che dalle forme musicali, condividiamo la fede in un Dio che chiama e le proprie esperienze di incontro con Lui. È un progetto di affiancamento rivolto a cori di diversa formazione: bambini, ragazzi, giovani e adulti».

Un aspetto ribadito da Ada Santorello, studentessa padovana coinvolta nel laboratorio insieme al suo gruppo di provenienza, raggiunto in loco da don Mattia Francescon per due serate di pratica d’animazione liturgica. «Il nostro coro proviene dalla parrocchia di Schiavonia e devo dire che le correzioni e i consigli che ci ha fornito don Mattia sono diventati il nostro monito quotidiano – sottolinea la giovane – Non siamo dei professionisti: nessuno di noi lo è, suonare è un momento di comunione e di aggregazione, è l’espressione di una passione. Tuttavia, non si è trattato solo di imparare a operare in modo più professionale, si è parlato di Dio e di noi. Cantiamo, e quando cantiamo, preghiamo: riconoscere la ricchezza intellettuale di una preghiera all’interno di un canto significa non solo avere un atteggiamento profondamente attivo nei confronti del canto, ma anche saper rinvenire le affinità delle parole cristiane con i più personali atteggiamenti ed esperienze di fede. Nei canti conosciamo e riconosciamo noi stessi e, pur essendo in continua evoluzione, troviamo un punto di ancoraggio rispetto ai moti dell’esistenza. La musica ha questo potere di universalizzare il sentire».

Si tratta infatti di dar vita a melodie anche quando non si suona e di pregare anche quando non si proferiscono parole, tessendo saldamente insieme la potenza della comunità del coro con l’intimità della fede personale, come evidenziato anche da Marta Bruno, giovane di San Bonaventura di Cadoneghe, che dal 2015 dirige il Coro diocesano e ne cura gli arrangiamenti. «Non posso esulare dalla mia personale esperienza: la musica mi avvicina alla preghiera e la preghiera mi avvicina alla musica. Quando suoniamo parliamo al tutto e, proprio per questo, non è possibile prescindere dalla presenza delle persone con cui si sperimenta una tale connessione umana. Dopo anni di direzione e vita di fede non riesco a non sentirmi a casa quando varco la soglia del Seminario».

21.01.2024

Articolo de
La Difesa del Popolo
Settimanale diocesano